Spettacolo nato dalle letture di alcune lettere di uomini e donne ricoverati nel manicomio di Volterra e dallo spettacolo teatrale-musicale “Che Matti. Voci e suoni dai manicomi”, e messo in scena dal gruppo musicale I Disertori, di e con Gianni Calastri.
Voci che si liberano dalle lettere, da quei muri freddi e incrostati di rabbia, grida, suppliche e silenzi; voci di muto amore che meritano di essere ascoltate.
“Ho accettato con piacere l’invito di portare di nuovo su un palco le voci negate di così tante persone” – dice Calastri – “uomini e donne, rinchiuse nei manicomi di Volterra, Siena e Arezzo nel corso del secolo scorso. Oltre ad alcune lettere provenienti dal manicomio di Volterra, lo spettacolo è costituito dal diario di Margherita Adamo, internata nel manicomio di Siena e alcune testimonianze provenienti dal manicomio di Arezzo tratte dal lavoro di Anna Maria Bruzzone ” Ci chiamavano matti” .
Lo spettacolo è impreziosito dalla scultura realizzata da Paolo e Alessandro Pineschi e dalle suggestive sonorizzazioni effettuate dal vivo da Andrea “Lupo” Lupi.
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(Gianni Calastri) Nasco a Volterra nel gennaio del 1968 e qui tuttora vivo e risiedo. Dalla fine degli anni ’80 alla fine degli anni ‘90 Volterra viene profondamente coinvolta e sconvolta dal festival VolterraTeatro che ogni estate si svolgeva per le vie della città. E con la città ne rimasi sconvolto anch’io. In quegli anni avevo iniziato gli studi di Lingue e letterature straniere all’Università degli studi di Firenze ma l’incontro con il festival, all’epoca come semplice giovane pronto a fare ciò di cui c’era bisogno dal cassiere allo sbigliettatore passando per l’autista, era destinato a segnare la mia vita e le mie scelte professionali. Quel mondo mi aveva totalmente affascinato e così iniziai a muovere i primi passi nel mondo del teatro. Dapprima con l’iscrizione al Centro di Avviamento all’Espressione di Orazio Costa a Firenze a cui seguirono la Scuola per la Formazione dell’Attore con i corsi estivi di Michele Azama e Jacques Fournier, un laboratorio con Pietro Bartolini a Firenze e uno con Armando Punzo a Volterra. Nel frattempo iniziavo anche a calcare i palcoscenici e a prenderci gusto, le prime esperienze con la compagnia universitaria su testi in inglese e in italiano e altri ne seguirono.
La prima svolta avviene con l’incontro con Annet Henneman, la quale reduce dall’esperienza di creazione della Compagnia della Fortezza con Armando Punzo decide di interrompere quel sodalizio e di intraprendere un nuovo cammino dando vita insieme al sottoscritto e ad altri compagni e compagne al Teatro di Nascosto-Hidden Theatre. Un’esperienza che per quanto mi riguarda è durata circa 15 anni e che ha significato la definitiva scelta di intraprendere il teatro come scelta di vita e artistica. I primi anni di lavoro con Annet sono stati per me un’intensa esperienza di apprendistato pratico nel campo dell’insegnamento e della formazione come attore.
Seguendo Annet nelle situazioni di lavoro che si presentavano sia dietro le quinte che sul palco. Gli ambiti nei quali si muoveva il Teatro di Nascosto avevano sempre una grande attinenza con il sociale, dagli anziani (da notare che la prima sede della compagnia si trovava all’interno di un vecchio teatrino malandato all’interno della casa di riposo di Volterra) alla psichiatria con collaborazioni attive con il centro diurno psichiatrico di Volterra e di altre città, per non tacere dei frequenti lavori con le scuole di ogni ordine e grado di Volterra e non solo. La seconda svolta avviene con lo sviluppo della compagnia di un nuovo metodo di teatro, il teatro reportage. Un tentativo di unire giornalismo e teatro, il lavoro giornalistico sul campo per conoscere temi di attualità si univa a quello di portare queste storie e queste voci, spesso nascoste, su palcoscenici, piazze e scuole per farle conoscere a più persone possibili. Di particolare importanza è stato il lavoro fatto sul tema del diritto di asilo, lavoro svolto in compagnia di rifugiati e richiedenti asilo provenienti da ogni parte del mondo.
Il popolo kurdo è stato quello su cui, nei primi anni, si è maggiormente concentrato il lavoro con viaggi nel Kurdistan turco, iraniano e iracheno non che nel mondo della diaspora europea e statunitense. Una scelta che ha profondamente segnato la mia visione di questo aspetto della vita che così tanto ancor oggi interessa la vita di milioni di persone. Su questi temi son stati fatti negli anni numerosi spettacoli rappresentati in moltissimi paesi. Questi temi ancor oggi fanno parte dei miei interessi artistici tanto che anche dopo la fine della mia esperienze con il Teatro di Nascosto continuano spesso ad essere oggetto dei miei spettacoli teatrali che in compagnia di musicisti ( tra i quali Marzio Del Testa, Arlo Bigazzi e Andrea Lupi) e altri attori e attrici porto in scena. L’attività di formazione si è arricchita di nuovi incontri, tra i più significativi quelli con Bruno De Franceschi, Tran Quang Hai, Mauro Tiberi, Sainkho Namtchylak e Cesar Brie. Nel frattempo anche l’attività di insegnante in scuole di teatro e pubbliche di ogni ordine e grado riveste sempre più un’importante fascia del mio impegno artistico con l’associazione Collettivo Distillerie, che con altri compagni e artisti ha preso vita da una decina d’anni, o con altre associazioni con cui collaboro.

L’Ufficio Stampa
Demetrio Brandi
Fondazione Mario Tobino
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