Puccini frequentava Pescia già da oltre vent’anni, da quando nella primavera del 1895 scrisse alla sorella Ramelde, il cui marito Raffaello Franceschini era direttore dell’Ufficio delle Imposte di Pescia, chiedendo di aiutarlo per trovare una casa per comporre la sua nuova opera in tutta tranquillità. Dopo varie ricerche, la sistemazione adatta venne individuata nella villa del conte Orsi Bertolini, ora Anzilotti, sulle colline uzzanesi, in località Castellaccio. Circondata da ulivi, cipressi e da un grande giardino con al centro una vasca, la villa del Castellaccio si rivelò l’ambiente consono a ispirargli il prosieguo del lavoro, poiché qui finì il 2° e il 3° atto di Bohème iniziando il quarto, poi terminato a novembre a Torre del Lago.
Si narra che Puccini in estate, durante la notte usasse, fare il bagno
nella vasca della villa, coperto solo da un lenzuolo bianco e di come i contadini vicini vedendolo al chiaro di luna si impaurissero credendolo un fantasma.
Un altro episodio singolare avvenne quando i fratelli Mochi, lo invitarono per una replica della sua celebre Bohème al Teatro Pacini di Pescia.
All’inizio del secondo atto il tenore lamentò un improvviso calo di voce, dichiarando impossibile la prosecuzione dell’opera. In platea e soprattutto nel loggione scoppiarono perciò violente proteste, tanto che, per tentare di salvare il salvabile, la soprano che interpretava Mimì si dichiarò disposta a sostenere entrambi i ruoli, femminile e maschile. Così l’opera andò fino alla fine in un clima da pura goliardia. Terminata questa, tutti si volsero verso il palco reale ove si trovava Puccini per vedere le sue reazioni. Al contrario di ciò che tutti si aspettavano, Giacomo scoppiò dal ridere affermando che mai gli era capitato di vedere quel melodramma trasformato in una buffissima opera comica. Quella serata si concluse al ristorante da Cecco, ove i Mochi lo avevano invitato. Prima di partire, Puccini disse scherzosamente: «Se vi provate a ripetere una mia opera a Pescia, arrivo col fucile da caccia e vi Impallino tutti». Ciò ovviamente non avvenne e l’amicizia con i due fratelli diventò ancora più stretta, nel ricordo di questo buffo incidente.
Successivamente Puccini fu anche cooptato nel consiglio di amministrazione del Teatro civico, oggi Pacini, gestito fino al 1895 dall’Accademia degli Affilati. Nel suo periodo pesciatino, grazie alla sorella Ramelde, Puccini fu introdotto nella buona società pesciatina e conobbe le personalità locali più influenti e gli ambienti culturali più in vista, diventando presidente onorario dell’unione Ciclistica Valdinievole e, poiché aveva una gran passione per la caccia, divenne anche presidente onorario della neonata Società Venatoria di Valdinievole.
Nella vicina Montecatini, Puccini fu un assido frequentatore delle
terme ove trascorse le sue giornate passeggiando nel verde cittadino o ascoltando della buona musica presso lo stabilimento Tettuccio in compagnia di Verdi, Leoncavallo e Mascagni e frequentando personaggi del mondo operistico come il librettista Giovacchino Forzano, il direttore d’orchestra Arturo Toscanini e il tenore Enrico Caruso, mentre a Monsummano strinse amicizia con Ferdinando Martini.
A Pescia Puccini si fece apprezzare anche per le sue doti sportive,
infatti essendo appassionato di bicicletta fu associato dagli amici Anzilotti,Mochi, Lavoratti, Pacini, Bartolozzi e Palamidessi al club ciclistico pesciatino e in loro compagnia intraprese alcune escursioni nei dintorni.
Partecipò anche ad alcune gare facendosi onore tant’è che in un articolo pubblicato su «Eco della Valdinievole» del 29 giugno 1895 si legge:
«Martedì 25 l’Unione Ciclistica Valdinievole, ebbe l’onore di ospitare Giacomo Puccini, il fortunato autore della Manon Lescaut. Tipo forte e simpatico d’uomo, egli è un appassionato cacciatore e valente ciclista. La nostra Unione oggi ha il vanto e la fortuna di averlo Presidente Onorario. Badate però, che come nel campo della musica, anche nel ciclismo egli semina molti per la strada. Vidi purtroppo l’altro giorno come ridusse i suoi compagni di viaggio. Sembravano, con rispetto parlando, tanti peperoni».
Puccini fu anche presidente onorario della Sezione Cacciatori di
Pescia, fondata il 1 gennaio 1900, dall’uzzanese Raffaello Lavoratti,
segretario comunale di Pescia, che ne fu il primo presidente (a lui risale una delle prime bozze per una legge unica sulla caccia del giovane Stato italiano), ed essendo un appassionato cacciatore si recava con il suo barchino specialmente sul lago di Massaciuccoli, dove aveva una villa e che era gestito dal marchese Ginori-Lisci, assieme a noti personaggi tra cui i fratelli pesciatini Mario e Davide Bartolozzi, il cognato Raffaello Franceschini e Giovanni Manfredi detto “Lappore”, per via delle sue ciglia bianche, riuscendo a riportare in una sola cacciata ben 50 folaghe, non disdegnando i piccoli uccelli, le beccacce, la lepre e il cinghiale.
Puccini amava anche fare delle gite per i borghi della Valdinievole
con la sua possente automobile anche in carovana con altri amici che ne possedevano una come i Vivaldi-Mochi e i Magnani. Simpatico e con un forte senso dell’umorismo e da buon toscanaccio era amante della buona tavola, mangiava di tutto, non solo la selvaggina che si procurava con la caccia. Amava soprattutto i cibi della sua terra, tra cui i fagioli di Sorana che degustava con fidati amici pesciatini nella fiaschetteria “Da Brandina” poi diventata la famosa trattoria “Da Cecco”, tanto da mandare al suo amico ed editore Giulio Ricordi una ricetta specificando di aggiungere alcuni ingredienti come foglie di salvia o teste d’aglio.
Alto ed elegante Puccini prediligeva le camicie bianche con colli
arrotondati sulle quali, di solito, portava una cravatta nera con una spilla con una perla, e quando andava al laboratorio della famosa camiciaia Virginia Spicciani che aveva tra i suoi numerosi clienti anche Leoncavallo,, sempre accompagnato da qualche amico pesciatino, essendo amante delle belle donne, con discrezione e signorilità faceva sempre alcuni complimenti alle giovani ed avvenenti scolare portando loro anche qualche piccolo oggetto in dono.
Giovanni Gentile (dal mio libro ”Il laboratorio delle camicie e altre memorie di Pescia, piccola città della Toscana” ed. Lo.Gisma 2021 pp.13-16 acquistabile presso la cartolibreria Alma in piazza Mazzini a Pescia. € 17)