Il prof. Carlo Vivaldi Forti ci invia questo suo articolo che volentieri pubblichiamo :

Da quando si è insediato il governo di centro-destra ha preso avvio un rimpallo circa le responsabilità relative alla drammatica situazione nazionale , che interessa tutti i fronti caldi, dall’economia alla sanità, dalle carenze infrastrutturali all’ordine pubblico, fino all’immigrazione clandestina e al dominio della malavita sulle grandi città, diventate ormai campi di concentramento a cielo aperto per sbandati e violenti di ogni risma. Quel che è peggio, è che i sostenitori del politically correct , il cui condizionamento dei mass media è quasi totale, considerano qualsiasi forma di repressione del crimine come tentativi autoritari, caratteristici di una mentalità che essi definiscono fascista , senza neppure rendersi conto della ridicolaggine di tale aggettivazione. Il colmo della spudoratezza lo raggiungono tuttavia quando negano le gravissime responsabilità dei governi precedenti, per la devastazione del Paese, affermando che bisogna sempre parlare del presente e mai del passato.
Ciò è molto comodo, visto che in tal modo tentano di far dimenticare tutte le malefatte e gli errori pregressi dell’attuale opposizione , attribuendoli a presunte deficienze dell’esecutivo in carica. Per questo ritengo necessario un breve excursus sulla storia dell’ultimo dopoguerra, da cui si evince chi , e da quanto tempo, abbia lavorato per ridurre l’Italia nelle lacrimevoli condizioni odierne, e che la coalizione Meloni non può certo sanare in breve tempo.
Se vogliamo davvero comprendere l’attualità, dobbiamo iniziare la narrazione da quel fatidico 1948, l’anno delle famose consultazioni politiche che videro il trionfo della Democrazia Cristiana e la pesante sconfitta del Fronte Popolare social-comunista , da molti definite “ una scelta di civiltà”. L’importanza di quell’evento consiste soprattutto nelle sue conseguenze, ossia nell’avvio e infine nello sbocciare del miracolo economico. Il merito di Alcide De Gasperi fu in particolare quello di coinvolgere, nei suoi ministeri, i partiti minori del blocco moderato: liberali, repubblicani, socialdemocratici. Tale coalizione iniziò, in senso lato, un bipolarismo di fatto, rispetto al quale le sinistre rappresentavano l’alternativa, mentre la destra monarco-missina , all’epoca assai forte ( basti ricordare l’eccezionale risultato del voto monarchico nelle elezioni del 1953) costituiva il deterrente nei confronti dei possibili scivolamenti a sinistra della maggioranza. Questa, indebolita dalle stesse consultazioni, che bocciarono la legge maggioritaria voluta da De Gasperi, nella successiva legislatura fece più volte ricorso all’appoggio diretto o indiretto della destra, in particolare da parte degli esecutivi Pella, Zoli e Segni, inclusa l’elezione di Giovanni Gronchi al Quirinale nel 1955. Tali esperimenti di centro-destra non suscitavano alcuna indignazione nell’opinione pubblica : nessuno gridava al pericolo fascista o alla restaurazione autoritaria , come invece sarebbe accaduto più tardi. Rompere questo sia pur imperfetto equilibrio bipolare, ciò che avvenne per volontà di Aldo Moro e della sinistra democristiana nel 1962, fu un gravissimo errore, origine di gran parte dei problemi che tuttora ci affliggono.
L’ammucchiata demo-socialista prima e demo-comunista poi, con l’avvento del compromesso stor4ico, aprì infatti le porte al governo assembleare all’insegna del “tutti insieme”, nominalmente per fronteggiare le emergenze , vere o presunte, che con sempre maggior frequenza venivano sbandierate dai sostenitori della svolta. Molte di queste, in realtà., erano causate proprio da quello sciagurato modo di amministrare la cosa pubblica, come per esempio l’inflazione dei primi anni Sessanta o la recessione del 1963-64 , fenomeni esclusivamente italiani, in un mondo occidentale stabile e in sostenuta crescita. Lo stesso terrorismo del decennio successivo, pur rivestendo carattere internazionale, attecchì in Italia assai più che altrove, proprio a causa della mancanza di alternative parlamentari al regime consociativo; per la descrizione puntuale di simili sviluppi rinvio alla lettura del mio libro “ Ricordi e riflessioni “, ed. Campanotto 2010, nel quale, come ex-studente di Sociologia a Trento, descrivo con molto realismo la degenerazione di una semplice opposizione politica in lotta armata, motivata dal fatto che ormai “sinistre e destre parlamentari si erano alleate allo scopo di rendere perenne il sistema di sfruttamento capitalistico”.
Sul piano etico ed economico, poi, le conseguenze di quella innaturale alleanza si sono rivelate ancora peggiori. Nacque allora il voto di scambio, la corruzione trasversale fondata sui reciproci favori, il sindacalismo d’assalto e lo sciopero politico, quale “cinghia di trasmissione” della volontà dei comunisti nell’esecutivo, da cui erano ancora ufficialmente esclusi, ma nei confronti del quale si atteggiavano come partito di lotta e di governo. L’aspetto tuttavia più negativo, dannosissimo nel tempo, fu il trionfo di una cultura permissiva, lontana da ogni principio morale, fondata sulla netta prevalenza dei diritti rispetto ai doveri, iniziando dal sistema scolastico. La riforma demagogica e populista della Scuola Media Unificata , che tra le altre novità prevedeva l’abolizione del latino, rappresentò un preciso segnale circa il proposito della coalizione demo-marxista di scardinare la migliore tradizione storica nazionale nel tentativo di far dimenticare ai giovani l’illustre passato che l’Italia aveva alle spalle. Gli effetti sul livello intellettuale del Paese si sarebbero visti negli anni successivi, quando le generazioni nate e cresciute in quel clima divennero classe dirigente.
Tutto ciò senza parlare di leggi assurde e controproducenti, capaci soltanto di bloccare il sistema economico liberale, senza peraltro sostituirvi quello socialista. Ricordiamo a titolo d’esempio l’equo canone, una delle norme più stupide e autolesioniste concepite dai geniali cervelli di democristiani, socialisti e comunisti uniti assieme,.che teoricamente avrebbe dovuto avvantaggiare gli inquilini, ma che in realtà ottenne i risultati di far sparire l’offerta di case, favorire gli affitti in nero e quindi l’evasione fiscale, oltre a mettere in crisi l’intero settore immobiliare, con forti ricadute sulla disoccupazione. Senza ovviamente dimenticare i continui aumenti di tasse e l’introduzione di nuovi balzelli, con la relativa persecuzione del lavoro autonomo, la fuga dei capitali e lo scoraggiamento degli investimenti d’impresa. Per sopravvivere a tale massacro ventennale, gli italiani impararono a difendersi con strumenti spesso illegali e comunque eticamente illegittimi , come l’evasione fiscale , il giro di bustarelle ad ogni livello della pubblica amministrazione , al quale molti , fedeli servitori dello Stato non tardarono ad adeguarsi.
Il primo correttivo a questo scempio provò ad applicarlo il governo pentapartito ( con la reintroduzione nella maggioranza dei liberali, prima di allora accomunati ai “fascisti” nella narrazione ideologica delle sinistre) presieduto da Bettino Craxi, sull’onda del reaganismo in America e della Milano da bere in Italia. Il tentativo appariva intelligente e generoso, ma ormai il sistema di corruzione e di abbassamento del livello morale era già troppo radicato e generalizzato, e per questo non sortì gli effetti sperati. Lo stesso Craxi fu duramente punito per aver cercato di cambiare l’Italia. Pochi anni dopo ci riprovò Silvio Berlusconi, ma neppure lui riuscì nell’intento , e solamente grazie alla sua potenza imprenditoriale evitò più gravi conseguenze. Adesso tocca a Giorgia Meloni, alla quale rivolgiamo i più sinceri auguri, in quanto le energie negative si stanno da tempo coalizzando contro di lei. I tempi però sono cambiati, e il sistema è ormai alle corde. Per questo, non è detto che anche il suo tentativo sia destinato a fallire.
Esaminate in rapida sintesi le condizioni che hanno condotto allo sfascio attuale, è giunto il momento di chiedersi: come avrebbero dovuto o potuto operare i partiti italiani per evitare questa deriva? La risposta più semplice sta nell’osservare cosa hanno fatto, nello stesso periodo, le due maggiori nazioni europee: Germania e Francia. La prima, a ricostruzione avvenuta, proseguì nella politica centrista di Conrad Adenauer e Ludwig Erhard , tesa alla realizzazione dell’economia sociale di mercato; la seconda, con de Gaulle e i suoi immediati successori Pompidou e Giscard d’Estaing , si affidò a una ricetta di destra sociale, nella sostanza simile a quella tedesca. Non per nulla questi due Stati hanno assunto fin da allora la guida dell’Europa senza più mollarla . Quando poi, con l’avvento di Brandt e Mitterrand , entrambi svoltarono a sinistra, le basi della ricchezza e del benessere erano ormai consolidate, tanto che neppure le gravi crisi da cui sono stati colpiti hanno potuto distruggerle. Il segreto di simili successi è strettamente legato al bipolarismo della loro politica: o liberali o socialisti.
L’Italia invece , grazie al melting pot creato dai governi demo-marxisti, non è mai giunta a dotarsi di basi solide a livello istituzionale e amministrativo, abbandonando l’intera gestione della cosa pubblica al compromesso morale e alla confusione giuridica, ossia l’esatto contrario della certezza del diritto, al trionfo del favoritismo e della raccomandazione elevati a sistema. Chiunque abbia ricevuto, o riceverà , questa eredità pesantissima, dovrà farci i conti, impresa davvero non facile. Ecco perché riflettere sulla storia è così importante: comprendere gli errori di chi ci ha preceduto è il modo migliore per non ripeterli in futuro.
A chi non credesse nell’efficacia di questo metodo, da psicologo quale sono consiglierei di leggere e meditare “Introduzione alla psicoanalisi” di Sigmund Freud. Là è spiegato, con numerosi esempi clinici, in qual modo la rivisitazione del passato rappresenti il miglior viatico verso la salute mentale, mentre la rimozione dello stesso, cioè il suo occultamento, conduca alle peggiori forme di psicopatologia. Osservando quanti matti sono oggi a giro, non è ragionevole riconoscere che il grande psichiatra viennese qualche buona ragione l’aveva?

Prof. Carlo Vivaldi Forti

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