Come facciamo a chiamare ‘di frutta’ una bevanda che solo per un ottavo, il 12%, è fatta di frutta
Tropiano: insieme a comuni e provincia
replicare il successo sul caso Simest
Pistoia, 16 aprile 2014. Più frutta dentro i succhi di frutta. Coldiretti si mobilita e chiede il sostegno di tutti, della Provincia di Pistoia e della Camera di Commercio per ‘ribaltare’ la decisione della Commissione Politiche dell’Ue della Camera di bocciare l’emendamento alla Legge europea 2013 finalizzato ad innalzare la percentuale minima di frutta nei succhi e bevande analcoliche dall’attuale 12% al 20%.
In queste ore è stata inviata una lettera a tutti i sindaci e presidenti accompagnata dalle motivazioni che animano lo stato di agitazione con la proposta di approvare un ordine del giorno a sostegno della battaglia a tutela delle produzione ortofrutticole e del vero Made in Italy agroalimentare.
“Coldiretti chiede il supporto delle istituzioni pistoiesi per il riconoscimento di un dato di realtà -spiega Vincenzo Tropiano, direttore di Coldiretti Pistoia-. Come facciamo a chiamare ‘di frutta’ una bevanda che solo per un ottavo, il 12% appunto, è fatta di frutta?”.
L’obiettivo di Coldiretti è di sollecitare il Parlamento ad approvare un apposito emendamento diretto a rendere effettivo l’innalzamento della percentuale minima di frutta nei succhi e bevande analcoliche dall’attuale 12% al 20%, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di concorrenza.
“Come per altre battaglie in passato -aggiunge Tropiano-, da questo territorio può e deve partire un messaggio di assoluta contrarietà ad una decisione che danneggia sia i produttori che i consumatori a beneficio delle sole lobby”.
Nel 2012 giunte e consigli degli oltre 20 comuni pistoiesi e della provincia dettero appoggio ad una battaglia sul made in Italy che condusse ad una vittoria (www.pistoia.coldiretti.it). La Simest, una società controllata dal governo italiano (quindi nostra), con il fine istituzionale di favorire l’internazionalizzazione delle imprese, ha smesso di finanziare aziende agroalimentari che producono all’estero salumi, latticini ed altro – con materie prime dei vari paesi (Uruguay, Romania, ecc.) – commercializzati con nomi italiani: bresaola, finocchiona, salame toscano, soppressata, pecorino, toscanella, sfruttando il cosiddetto italian sounding.
Con l’aumento al 20% del contenuto minimo di frutta nelle bevande analcoliche prodotte e commercializzate in Italia, 200 milioni di chili di arance all’anno in più sarebbero bevute dai 23 milioni di italiani che consumano bibite gassate, ma la proposta di Coldiretti, arrivata ad un passo dal traguardo finale, si è infranta contro il muro tirato su dalle bieche lobby.
Innalzare la percentuale minima di frutta nei succhi e bevande analcoliche avrebbe concorso a migliorare concretamente la qualità dell’alimentazione e a contribuire alla sopravvivenza dei produttori.
Comunicato stampa