E’ sicuramente inconfutabile che il problema criminalità in Valdinievole (ed a Montecatini in particolare) è, da tempo, una realtà in crescita con cui urge dover fare i conti. Deve poi far riflettere l’intensificazione del fenomeno in quest’ultimo anno ed in particolare nel periodo a ridosso delle recenti festività, sia per il numero degli episodi ma soprattutto per le modalità degli stessi. Sempre maggiore è infatti l’arrogante sfrontatezza dei gesti criminali sia come modalità, localizzazioni, orari, tipologia delle vittime. Ciò che però allarma maggiormente, è la sempre più disinvolta presenza di armi nelle mani di questi nuovi criminali che sembrerebbero più improvvisati ed emotivi che organizzati e pertanto potenzialmente ben più pericolosi dei “seri professionisti” del settore. “Professionisti” questi, presenti in ogni tempo, ad ogni latitudine ed in ogni contesto sociale, etnico, cultuale, religioso e congiunturale e che quindi esulano dall’argomento in questione.
Certamente la crisi economica e la scomparsa di molti posti di lavoro anche nella nostra zona, ha acuito le difficoltà per tutti ma non credo che la spiegazione possa essere così semplicistica. Anche se non va sottovalutato l’effetto dirompente che può avere nella psiche di una persona semplice e perbene, abituata a rispettare le leggi ed a “spaccarsi la schiena” tutti i giorni per tirare avanti la famiglia, il fatto di trovarsi improvvisamente in mezzo ad una strada, senza più futuro per se ed i propri figli molto spesso circondato dalla cinica indifferenza delle Istituzioni e di una comunità sociale che tale non è più da tempo, avendo perso persino la capacità di indignarsi e mobilitarsi. Da qui però a prendere una pistola e fare una rapina, penso ce ne corra un bel po’!!
Diverso può essere il discorso per una parte degli stranieri presenti sul nostro territorio. Molti di loro hanno meritoriamente messo le proprie braccia ed i propri cervelli al servizio della nostra Nazione conquistando, spesso faticosamente, un lavoro regolare e dignitoso collaborando così, con la propria operosità, alla crescita personale e generale. Con la crisi però molti di costoro stanno tornando nei Paesi d’origine o, come molti Italiani, stanno emigrando in Paesi con un’economia più solida. Problematica è invece la situazione di chi rimane qui con il proprio “sogno” infrantosi prima ancora di realizzarsi e di coloro che, in Italia, non hanno potuto, saputo o voluto realizzare alcun sogno trovandosi, ormai da tempo di fatto, al limite della legalità e spesso anche bel oltre esso.
Aver permesso da decenni che i nostri territori fossero percepiti dalle etnie più disperate come l’eldorado che in realtà non sono mai stati, permettendo a chiunque, senza alcun criterio, di trasferirsi qui, è stato ed è un errore imperdonabile. Aggravato dalla percezione internazionale diffusa della nostra, come la patria dell’incertezza del diritto e di un buonismo peloso, in nome del quale, il rapporto tra doveri e diritti è estremamente opinabile e viene notevolmente allentato per chiunque possa rientrare in una delle numerose categorie dei “poverini” dell’italico mammismo istituzionalizzato.
La crisi di questi anni ha certamente drammatizzato la situazione.
Se la “preoccupazione per il futuro” sta lasciando oggi il posto alla “disperazione per il presente” in molti Italiani e stranieri, in questi ultimi, essa si sta sempre più pericolosamente sommando alla rabbia nel vedere frantumarsi quel sogno che colpevolmente qualcuno aveva loro prospettato come facilmente realizzabile. Questa miscela esplosiva, potenziata dalla consapevolezza di non avere ormai più nulla o quasi da perdere, si confronta poi quotidianamente, con l’esperienza di quei loro “connazionali” che, vivendo fuori dalla legalità, conducono un’esistenza, almeno apparentemente, meno grama. Scatta così, sempre più spesso, l’odio generico verso gli Italiani che stanno un po’ meno peggio fornendo una sorta di giustificazione a prendersi con la violenza quel “dovuto” che è stato loro negato a parziale indennizzo del tradimento delle loro aspettative di una vita migliore.
A cascata il fenomeno rischia di estendersi anche a quegli Italiani più in difficoltà che, per disperazione, forse stanno cominciando a prendere in considerazione quei “5 minuti di paura” con la speranza di risolvere la difficoltà contingente. Magari, per vincere rimorso e paura, si ingoiano pure qualche eccitante (a Montecatini ormai di facilissimo reperimento ed a prezzi di saldo) ed eccoli, ansiosi e tremanti, fare più o meno goffamente un “colpo” che o non andrà a segno o sarà ben al di sotto delle aspettative, rischiando così di innescare, in menti al momento perturbate, conseguenze drammatiche!!
Certo per tentare di arginare tale fenomeno ci vuole coraggio politico principalmente a livello nazionale ma anche a livello locale si possono realizzare numerosi ed incisivi interventi su cui mi riservo di approfondire in altra occasione. Mi limito al momento a segnalare come grazie all’intreccio degli strumenti informatici oggi a disposizione, sia possibile arrivare ad un monitoraggio abbastanza capillare del territorio, dei suoi residenti e dei loro mezzi di sostentamento se leciti, potendo concentrare l’attività di accertamento in modo massiccio solo sulle situazioni critiche evitando lo spreco di tempo e risorse su quelle situazioni che invece si rivelano poi essere regolari.
Oltre al coraggio sarà necessario anche un radicale cambio di mentalità soprattutto riguardo al grave preconcetto del “politicamente corretto”. Dove pensiamo di andare se pochi giorni fa i maggiori quotidiani nazionali si sono sentiti in dovere di alimentare la polemica innescata dall’on Ginefra del PD per un tweet di una dipendente della Questura di Roma (non è chiaro se poliziotta od impiegata) ritenuto razzista ed offensivo dei nomadi? La “sventurata” così si esprimeva: “..ho risistemato lo sgabuzzino..m’è sembrato lo sgombero in un campo nomadi..meno male che sono preparata!!”. Personalmente riesco solo a trovarci una certa dose di auto-ironia, si auto-canzonava la povera tapina per il disordine del proprio sgabuzzino, non riesco a leggerci nulla di razzista. E’ un dato di fatto che l’indole gitana, anche per la sua propensione nomade, non sia, nell’immaginario collettivo, sinonimo di ordine e precisione “svizzera” senza voler aprire un contenzioso con gli eredi di Guglielmo Tell. Sfido chiunque con più di 50 anni a negare di aver sentito la propria madre, seppure di mentalità aperta, progressista e magari pure di sinistra, inveire infuriata per la stanza della figlia adolescente in disordine: “vergognati..questa stanza è peggio di un carrozzone degli zingari!!”.
Perchè poi “indignarsi” ad intermittenza?! Abbastanza diffusi, a seconda delle regioni, numerosi modi di dire che da ora dovremo considerare potenzialmente in grado di scatenare altrettante “crociate”. In caso di una brutta figura, nel nord, è facile sentire dire di aver fatto “una figura da cioccolataio”, in caso di comportamenti ineducati, nel centro-sud, scatta spesso il “sei un cafone” e si potrebbe continuare all’infinito. Non si ricorda però al momento nessuna sollevazione degli artigiani del cioccolato nè tanto meno dei coltivatori diretti.
dott.G.FIORE Segr.Prov. “La DESTRA verso ALLEANZA NAZIONALE” Pistoia e Valdinievole