Se la montagna non va… ci perdono tutti: ambiente, futuro, cittadini, flora e fauna. Occorre una visione d’insieme per vincere la sfida della vita ad alta quota. “Perché la mucca al pascolo all’aperto non è solo una pennellata bucolica in un paesaggio bello -spiega Francesco Ciarrocchi, direttore di Coldiretti Pistoia-, ma ha una valenza economica e sociale da preservare, ed è uno dei presupposti perché si invertano le dinamiche demografiche: la montagna vive se è abitata, portando benefici anche a valle. E per favorire lo sviluppo, occorre riconoscere che l’utilità prodotta alla collettività dagli agricoltori va oltre la produzione di ottimo cibo”.

 

Da questo è partito il Progetto integrato territoriale (PIT) Alta Montagna Pistoiese, ovvero made in P(i)T: con al centro la valenza multifunzionale degli agricoltori, insieme ad istituzioni ed università coordinati da Coldiretti. Ed è andato oltre, producendo consapevolezza e opere tangibili, che sono state presentate in un convegno a Gavinana, dove tra testimonianze in video o in presenza i protagonisti hanno descritto la loro esperienza (vai al video completo dell’evento: https://accorcia.to/2n3c ). Presenti tra gli altri il direttore di Coldiretti Pistoia, Francesco Ciarrocchi, e Marco Niccolai, presidente della commissione aree interne della Toscana, che ha concluso i lavori.

Made in P(i)T ha dato l’opportunità di realizzare investimenti migliorativi ed integrati con il territorio finanziati nell’ambito del PSR 2014-2020 della Regione Toscana, oltre 1 milione di euro gli investimenti complessivi, e che ha avuto come protagoniste le aziende dell’alta montagna pistoiese, i dipartimenti di zootecnia e di economia agraria della Scuola di Agraria dell’Università di Firenze, l’Unione dei Comuni dell’Appennino Pistoiese, il Consorzio di Bonifica Toscana Nord e Coldiretti Pistoia, con la sua società di servizi Impresa Verde. Coinvolti territori dei comuni di Abetone Cutigliano e di San Marcello Piteglio tra i 322 e i 1.937 metri sul livello del mare.

 

Tanti gli interventi realizzati grazie a made in P(i)T. Opere di tutela idrogeologica, tutela e ripristino del paesaggio, abbeveratoi, sentieri e tanto altro all’insegna della sostenibilità economica ed ambientale in montagna. Un ruolo con utilità immediata l’hanno avuto le recinzioni “che bello poter raccogliere quello che si è seminato”, spiega una produttrice partecipante al Pit. In totale sono stati posizionati 20 chilometri di reti che preservano pascoli, colture, mucche e greggi dai danni causati dall’eccesso di animali selvatici, cinghiali in particolare. Le reti sono una chiave delle lettura dello spirito complessivo del progetto: si tratta di interventi onerosi, che l’azienda agricola spesso non riesce a sostenere. E senza questa tutela, si riduce la produzione:  perché non si può seminare patate, che poi vengono mangiate dai cinghiali; non si può veder rovinato il raccolto di fieno che serve per alimentare le mucche; non si può tenere le pecore al pascolo con rischio costante che vengano predate. Insomma non si può lavorare e perderci. Meglio rinunciare a coltivare ed allevare, con conseguente abbandono di territorio, perdita di reddito e di vita in montagna.

E quindi, “occorre riconoscere il valore delle esternalità prodotte dalle aziende agricole, a vantaggio della collettività”, spiega Gabriele Scozzafava dell’università di Firenze. Ed è qui che intervengono i finanziamenti della Regione. Finanziando quegli interventi che il privato non riesce a coprire, perché la vendita dei prodotti non compensa i costi.

Soprattutto se, come è stato ‘studiato’ dai ricercatori dell’università di Firenze, in collaborazione con le aziende, le recinzioni ‘del P(i)T non impattano sul paesaggio. Sono perfettamente integrate col contesto naturale (sono reti bifase: a maglia larga, tipologia “da pecore” nella parte alta ed elettrosaldate nella parte a contatto col terreno), come spiegano le linee guida realizzate grazie al Pit ed esposte dal professor Riccardo Bozzi, dell’Università di Firenze.

 

Elementi che, insieme a percorsi naturalistici per vedere faggi secolari o lungo laghetti di montagna, oltre alla redditività aziendale attraggono turisti e creano occasioni di sviluppo economico. Perché come ha raccontato uno dei protagonisti, dove va e cosa vuol vedere il visitatore in montagna? Un’azienda agricola. Che non è entità bucolica, ma generatore di benessere collettivo.

Domenico Murrone Comunicazione Coldiretti Pistoia

Comunicato stampa