Seppur morto, Tito si fregia ancora della massima onorificenza concessa dalla Repubblica Italiana
«Il giorno del ricordo deve essere l’occasione per guardare avanti, oltre che indietro. Ma per farlo è necessario cominciare a correggere alcuni errori fatti. Purtroppo, non possiamo cancellare il bacio di Sandro Pertini al feretro del maresciallo Tito, ma siamo in dovere di intervenire affinché Josip Broz non si fregi più, nemmeno da morto, della massima onorificenza concessa dalla Repubblica Italiana. Tito, infatti, grazie al compagno socialista Giuseppe Saragat, dal 2 ottobre 1969 è Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, decorato di gran cordone». A dichiararlo è il capogruppo di Più Toscana in Regione, Antonio Gambetta Vianna.
«Il gran cordone – spiega il consigliere regionale – è conferito in via eccezionale ai cavalieri di gran croce per premiare altissime benemerenze di persone eminenti, che siano italiane o straniere, spesso capi di Stato. E, come detto, è la massima onorificenza concessa dalla Repubblica Italiana. Saragat lo concesse a Tito in quanto all’epoca Presidente della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia. Ma pare che non sia possibile revocare l’onorificenza ai deceduti perché non possono presentare una memoria scritta a propria difesa. Mi sembra l’ennesima buffonata all’italiana visto che già la storia ha condannato Tito. Non a caso, la Corte Costituzionale della Slovenia ha impedito la titolazione di una strada di Lubiana al maresciallo boia. Mi appello – conclude Gambetta Vianna – al buon senso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: non sia complice degli errori di alcuni suoi predecessori, ma faccia in modo che quel titolo venga revocato. Non si può continuare a tradire e a uccidere gli infoibati e ad accoltellare alle spalle gli esuli».
Comunicato stampa