Il dott.Carlo Vivaldi-Forti, presidente dell’associazione pesciatina Destra-Domani e membro del DIrettivo del CESI (Centro Studi Politici ed iniziative Culturali di Roma) ci invia in anteprima il testo dell’intervento che farà nel convegno ” Una nuova costituzione per un diverso modello di sviluppo” che si terrà sabato 10 maggio alle ore 16,30 nella sala delle conferenze dell’Archivio di Stato di Pescia in piazza XX Settembre 1 :
ISTITUZIONI E MODELLO DI SVILUPPO
“Nel secondo secolo a.C. fioriva a Roma un personaggio straordinario, intellettuale e politico al tempo stesso , il quale terminava tutte le sue arringhe in Senato , a qualsiasi argomento dedicate, con una celebre frase: ceterum censeo Carthaginem esse delendam , “ e per il resto reputo che Cartagine debba essere distrutta “ .
Si trattava ovviamente di Catone il Censore; egli si era formato l’incrollabile convinzione che Roma non avrebbe mai goduto né di pace , né di benessere fin quando la sua nemica storica fosse rimasta in vita.
Senza voler stabilire paragoni irriverenti, anch’io ripeto da anni un mantra, il cui significato si presenta simile a quello del grande oratore latino: non ci sarà ripresa economica, né progresso e neppure prospettive di sopravvivenza per la nostra civiltà, se non cambieremo alla radice il modello sociale , di sviluppo e di crescita che l’Italia si è dissennatamente dato nell’ultimo mezzo secolo. Esso rappresenta l’infausto risultato di quel tradimento della volontà degli elettori, a cui per nostra disgrazia ne sarebbero seguiti molti altri anche in tempi recenti, operato dalla Democrazia Cristiana a partire dagli anni ’60, che ad ogni votazione chiedeva il consenso dei moderati in nome della diga al comunismo, salvo poi, il giorno successivo , aprire essa stessa le porte del governo ai dichiarati nemici marxisti-leninisti. Ovviamente, sempre in nome di presunte emergenze che avrebbero minacciato il Paese , si trattasse di crisi economiche, internazionali , di terrorismo e simili. La giustificazione era pronta , pur di sovvertire il responso elettorale e portare a sinistra i voti ricevuti a destra.
Così ebbe inizio quel regime consociativo , proseguito fino ai nostri giorni malgrado il falso bipolarismo della Seconda Repubblica , a cui si deve la maggior parte dei mali che ci hanno condotto alla catastrofe attuale: lo sperpero del pubblico denaro con la complicità di tutti; il voto di scambio; la corruzione ad ogni livello centrale e periferico; la proliferazione abnorme della burocrazia, di leggi , leggine e regolamenti assolutamente inutili e dannosi, funzionali all’esclusivo mantenimento dell’apparato; i concorsi truccati e controllati da lobby colluse con la malavita, che hanno introdotto in tutti i gangli vitali dello Stato e della pubblica amministrazione elementi nella migliore delle ipotesi stupidi e incapaci, nella peggiore complici della criminalità organizzata, che ormai estende il proprio controllo ovunque, anche nelle regioni centrali e settentrionali.
I partiti , ai quali la Costituzione del 1948 attribuisce il compito di rappresentare la volontà dei cittadini nelle istituzioni, non soltanto non assolvono più tale ruolo, ma si sono resi responsabili dell’edificazione di quel modello di sviluppo consumistico-assistenziale, a cui ho dedicato uno specifico saggio, che ha condotto il Paese all’attuale paralisi e alla più grave recessione che la storia ricordi. Esso si è fondato, fin dal suo sorgere, sul rincorrersi fra spesa pubblica improduttiva ed aumento della pressione tributaria: le camarille al potere, allo scopo di foraggiare le proprie clientele, si sono servite dei partiti, da loro infiltrati ed asserviti, obbligandoli ad espropriare , con mezzi solo in apparenza legali, i ceti produttivi dei loro sudati risparmi, impedendo il tal modo nuovi investimenti , per trasferire enormi masse di denaro alle classi parassitarie che vivono grazie alle protezioni , allo scambio di favori illegittimi, al do ut des tra delinquenti e ricattatori di ogni risma.
Il gioco è proseguito, sia pure entro limiti via via più ristretti, fino al presente. Oggi, però, il meccanismo si è bloccato. L’assenza di produzione e investimenti, effetto del pubblico ladrocinio operato tramite la leva fiscale, ha condotto il sistema a un punto di non ritorno. Chiunque ciancia di ripresina, ripresa o ripresona in vista, o è un illuso o più probabilmente un imbroglione. Il solo modo di uscire dall’attuale, drammatica situazione, è abbandonare quel modello sociale che ci ha portato alla rovina, e costruirne uno totalmente diverso, fondato sulla massima valorizzazione del merito , dell’onestà e delle capacità personali. La pressione fiscale reale , di fatto al 70%, deve essere ridotta almeno della metà, per attestarsi al 35% , limite massimo compatibile con lo sviluppo. La burocrazia deve subire parallelamente la stessa sorte, e pure l’assistenzialismo pubblico, come teoria e come prassi, deve essere abbandonato.
Occorre trasformare l’attuale Welfare , fondato sul clientelismo e sulla tutela esclusiva dei ceti sindacalmente protetti, in una forma di aiuto offerto a tutti i veri bisognosi, sindacalizzati o meno che siano, ma non per sempre, bensì limitatamente al periodo della loro dimostrata indigenza, finito il quale devono cessare pure i sussidi. Tutto ciò a ben precise condizioni di verifica e tutela contro opportunisti e millantatori. Non posso qui descrivere nei particolari il nuovo modello di sviluppo, anche se non mancherà in futuro l’occasione di farlo. Per realizzare questa autentica rivoluzione culturale e dei nostri stili di vita, tuttavia, le attuali istituzioni appaiono assolutamente inidonee. I loro limiti sono sinteticamente i seguenti: la totalità del potere affidato a partiti succubi delle lobby; l’ingovernabilità del sistema per l’assenza di strutture sufficientemente autorevoli di governo; la totale non rappresentanza delle competenze e delle categorie sociali , economiche , culturali in cui si esprime la vita del Paese. Come se ciò non bastasse, le riforme istituzionali abbozzate dall’attuale esecutivo vanno in direzione diametralmente opposta rispetto all’esigenza di sanare i difetti sopra elencati. In particolare, non affrontano né il problema della rappresentanza diretta delle competenze e delle categorie, il solo antidoto possibile alle collusioni mafiose tra politica ed economia, né quello di una autentica governabilità , in modo che dalle urne escano maggioranze certe, e che mai più si debba ricorrere agli sciagurati governi d’inciucio o di larghe intese, causa della maggior parte dei mali che ci affliggono.
Per questo il CESI ha avvertito il bisogno di illustrare le proprie proposte di riforma costituzionale nel Manifesto che oggi viene presentato e che potrebbero costituire una autorevole base di dibattito per una prossima Assemblea Costituente eletta a suffragio universale, in grado di dare finalmente all’Italia una Legge fondamentale espressione diretta della volontà del popolo.”
Prof.Carlo Vivaldi-Forti