Vent’anni dopo: la morte di Craxi è una ferita sempre aperta. Una ferita che fa male non solo a quello che rimane del suo popolo devastato non però dimentico, ma all’Italia che da allora si è molto rimpicciolita in un’Europa divisa ed impotente. Persino nel cortile di casa, quel Mediterraneo in cui lo statista socialista scrisse le pagine più belle del secondo dopoguerra a fianco dei popoli in via di sviluppo.
Il film Hammamet di Gianni Amelio uscito pochi giorni fa, sorretto da un Favino-Bettino impressionante per l’aderenza al personaggio, ma anche l’interpretazione di Livia Rossi riesce a cogliere l’amore orgoglioso della figlia Stefania, è un’opera che restituisce alla gente, ai suoi contemporanei come a chi non lo ha conosciuto, la dimensione della sofferenza del leader e non è poco.
È il linguaggio dei sentimenti e degli affetti, del vissuto quotidiano lontano dal clangore dello scontro di potere che non annulla l’amarezza della sconfitta per lui uomo totus politicus, la trasfigura in un’umanità cupa e dolente e tuttavia non disponibile a perdere l’onore davanti agli gnomi che lo vogliono umiliare, riassunta nell’epigrafe iscritta sulla sua tomba nel piccolo cimitero cristiano davanti al mare: “la mia libertà equivale alla mia vita”.
Non c’è solo questo, sarebbe un torto alla sceneggiatura non citare anche il tentativo di rendere giustizia alla complessità politica craxiana, mancata peraltro nella ricostruzione caricaturale di quello che fu il congresso socialista dell’Ansaldo del 1989. Altro che nani e ballerine una grande assemblea di popolo che, alla presenza di una straordinaria partecipazione dei protagonisti del dissenso riformista dei paesi dell’est, promuoveva la visione dell’Europa come approdo del processo di transizione democratica dei paesi comunisti. Che tuttavia coglie in un paio di passaggi, uno relativo alla trasformazione antropologica del popolo in gente nell’epoca post-ideologica e l’altro nel momento di intimità con la moglie parlando del ricevimento a casa della “perfida Albione”, in cui emerge un tratto caratteristico di irriverenza tutta craxiana verso i potenti.
È iniziato così, con l’uscita del film nelle sale cinematografiche, l’anno craxiano del ventennale a cura della Fondazione Craxi. Un programma fitto di eventi e di iniziative che prosegue sabato 18 e domenica 19 gennaio nella Hammamet reale, luogo ormai consueto di pellegrinaggio che ogni anno accresce la sua carica politica, direttamente proporzionale alla perdita di ruolo geopolitico e di solidità dell’Italia, che ha perso almeno il 30% della sua ricchezza.
E non c’è dubbio che gli schiaffi ormai consueti che certificano l’irrilevanza dell’Italia nel grande gioco euro-mediterraneo, non fanno che accrescere i rimpianti e l’amarezza per una leadership ed un progetto politico modernizzatori, fondato sulla valorizzazione di un nuovo equilibrio tra i meriti ed i bisogni, stroncato dalla falsa rivoluzione mediatico-giudiziaria del 1992-93 senza, è bene puntualizzarlo, alcuna legittimazione elettorale, ché le elezioni del 6 aprile 1992 dettero una maggioranza più che sufficiente al quadripartito storico senza i repubblicani.
Temi non banali e per certi versi politicamente scorretti che ispireranno le riflessioni nel dibattito del primo evento in programma dopo la commemorazione di Hammamet del 19 gennaio prossimo.
Appuntamento a Scandicci lunedì 20 gennaio alle ore 18:00 nella sala del consiglio comunale. Ci saranno alcuni protagonisti di quella stagione e Stefania Craxi che con la sua Fondazione non ha consentito che l’oblio avvolgesse la figura del padre e che la polvere del tempo si posasse offuscando la memoria della verità di Bettino Craxi e sulle responsabilità delle macerie lasciate da Mani Pulite.
Craxi2020 Scandicci
Comunicato stampa