L’architetto Vieri Parenti per oltre cinquant’anni è andato alla ricerca del nostro tempo perduto, raccogliendo tantissimi manufatti dell’antico mondo rurale. Testimonianze di una società dove non c’erano strumenti di lavoro elettrici, permeata da solide tradizioni e credenze religiose, mentre nelle case gli utensili e i giocattoli usati nel quotidiano oggi ci sembrano oggetti strani e curiosi. Questo mondo, rimasto a lungo immutato, iniziò a sgretolarsi nel dopoguerra, spazzato via dal quel boom economico che generò la società moderna.
Questa “raccolta della memoria” l’architetto Parenti l’ha donata alla Fondazione Nazionale Carlo Collodi ed è così entrata a far parte del patrimonio indisponibile dell’ente culturale. In questi giorni c’è stata la cerimonia ufficiale e Parenti ha consegnato il catalogo digitalizzato dal geometra Michele Nuti al presidente della Fondazione Collodi, Pier Francesco Bernacchi. “Una collezione “autentica” e di rilievo sulla quotidianità e le credenze della società rurale che la Fondazione avrà l’obbligo di conservare e tramandare per sua la ricchezza” sottolinea il presidente.
Il catalogo della collezione è composto da 1615 schede fotografiche, per un corpus di oltre 5000 oggetti che Parenti ha iniziato a raccogliere intorno agli anni Sessanta: “Dopo la seconda guerra mondiale – spiega Parenti – i ricercatori come me hanno avuto la sensazione che un mondo stava scomparendo”. La sua ricerca ha spaziato dal mondo rurale a quello delle tradizioni religiose, delle feste e dei giocattoli di bambini e ragazzi. Tutti reperti che fatto raccogliere in un unico catalogo digitale “In modo da avere una rapida idea dell’intero contenuto e quindi di pensare ad una successiva valorizzazione” spiega Parenti.
Migliaia di oggetti, dunque, di varie dimensioni. Come i carri da lavoro, quello tipico toscano a due ruote e quello emiliano, più massiccio e a quattro ruote. Oggetti rari, perché il legno si deteriora molto facilmente. A Collodi, Parenti ha trovato un carro da cavallo per i trasporti leggeri risalente al 1930, dotato di freni e sponde, con ancora i bolli di circolazione che erano richiesti per la circolazione su strada e che obbligavano a una revisione periodica. Curioso anche l’aratro elementare (Mugello, 1890) con vanghetta in metallo e fusto in legno, un attrezzo piuttosto primitivo che si limitava a far solchi sul terreno, senza rovesciare la zolla.
Della casa contadina possiamo citare i vari fiaschi, risalenti alla prima metà del Novecento. Alcuni sono quelli che ancora oggi troviamo in commercio, quelli impagliati. “Di particolare interesse – scrive l’architetto nelle note del catalogo – sono quelli con il rivestimento artigianale fatto dal contadino, con l’utilizzo del giunco che protegge maggiormente il fiasco rispetto alla paglia”. I fiaschi con il collo allungato sono i più vecchi e molti venivano soffiati a Uzzano nella fornace Cecchi.
Curiosa e sconosciuta oggi è la “moscarola” usata per riporre i cibi al riparo dalle mosche, prima dell’avvento del frigorifero.
Se l’ingegno dei grandi era grande, non era da meno quello dei bambini che si ingegnavano per costruire i propri giochi utilizzando legno, fil di ferro e anche la latta. Tra i giochi tipici i fischietti, vere e proprie opere d’arte in alcuni casi.
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Adele Tasselli
Fondazione Nazionale Carlo Collodi
Comunicato stampa