L’arte come linguaggio universale capace di annullare il tempo e di superate gli orrori prodotti dall’uomo. Potente perché catartica e immortale. Pier Francesco Bernacchi, presidente della Fondazione Nazionale “Carlo Collodi”, porta nel paese di Pinocchio uno degli artisti più interessanti sul panorama internazionale. Fino al prossimo 23 settembre 2018, “La bellezza e l’estetica della guerra” di Piero Paladini si potrà visitare liberamente negli spazi espositivi dello Storico Giardino Garzoni-Butterfly House di Collodi, nel comune di Pescia. (Toscana – www.pinocchio.it).
La mostra, già allestita allo Storico Giardino Garzoni, sarà inaugurata ufficialmente dal presidente della Fondazione Nazionale “Carlo Collodi” Pier Francesco Bernacchi questo venerdì 24 agosto 2018, alle ore 18.00. Sarà presente anche l’artista Piero Paladini.
Quattordici quadri e un racconto, quello dello scultore Samihir e di suo figlio. “La scelta più consona risultava un racconto e un’iconografia dal sapore antico, per una serie di elementi che la rendono epica ossia capace di evocare miti e eroi e, quindi, capace di “ togliere alla guerra l’idea della morte per la morte stessa ” e solo pone un segnale un rigurgito di un “qualcosa” fuori dal suo tempo ma non fuori dal tempo proprio perché orribilmente presente – spiega l’artista Piero Paladini nella sua introduzione alla mostra – Nell’ottica di un nuovo e ormai acclarato medioevo contemporaneo, frutto di riassestamenti di confini e potere e di una guerra diffusa e globale che angoscia da decenni il mondo, diviene necessario chieder aiuto proprio all’arte per ritrovare il capo di quel filo rosso col passato, affinché lo riallacci ancora una volta con un presente calpestato ed indifeso”.
“Paladini estrae un racconto per immagini. Il filo rosso, a lui tanto caro, quello che collega l’arte al passato e la proietta verso il futuro, si sostanzia nella materia poetica ed impalpabile della sua cifra stilistica, riconoscibile nella precipua onestà compositiva, mai prevedibile, spiazzante e in nessun caso rassicurante. Le sue tele vivono nell’autonomia della compiutezza ma si legano nella relazione continua della narrazione, dell’invenzione di una storia, un’avventura dal sapore esotico che Piero Paladini inventa, come trama per accordare la sua pittura” così la critica d’arte Maria Agostinacchio, in un saggio critico su Paladini.
L’arte come catarsi collettiva, dunque: “Che un’opera d’arte rappresenti o meno la propria cultura – scrive ancora Paladini – in senso più largo e globale rappresenta, per molti senza ombra di dubbio, un filo rosso da seguire. Altro è invece parlare della potenza dell’arte, quella capace di suggestionare le masse, spostarle in una direzione o nell’altra, senza apparentemente il bisogno di muover guerra ad alcuno. Ecco che allora la distruzione e lo sfregio operato da barbari nei confronti di opere millenarie di artisti, magari anonimi, ma dalla cifra stilistica unica ed irripetibile, interrompe, spezza quel filo proprio perché cosciente della sua capacità di perpetuare e consegnare i propri raggiungimenti superando così l’umano limite della caducità. Non di meno lo priva pure del potere liberatorio che la fruizione dell’arte esercita sull’uomo come pure della capacità di instaurare un dialogo interiore con chi la osserva, perché in essa risiede il potere di ammansire l’anima più persa, infondendole una speranza ed una visione altra e condivisibile . In virtù di ciò, ho voluto sviluppare una breve racconto che ponesse l’attenzione sull’opera di artisti capaci, con la loro unicità, di tenere insieme il bandolo di quel filo rosso dal passato al presente costante e restituire agli uomini la percezione, nel presente, di una giustizia estetica remota, che rivaluta da sola il genere umano”.
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