A seguito di un recente intervento sulla stampa dell’ex ragioniere capo Rossi, riteniamo doveroso fornire una risposta pubblica alle sue affermazioni sulla firma a stampa degli avvisi di accertamento, anche per non creare sconcerto e confusione nei cittadini.
L’art. 1, comma 87 della legge 549/95 prevede che la firma autografa contemplata dalle norme che disciplinano i tributi regionali e locali sugli atti di liquidazione e di accertamento può essere sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, nel caso che gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati.
La legittimazione ad adottare la sottoscrizione a stampa in luogo della firma autografa non presuppone a monte l’adozione di uno specifico provvedimento dirigenziale, là dove l’indicazione a stampa del nominativo del responsabile coincida con il dirigente che dispone delle funzioni di accertamento e di emanazione degli atti impositivi.
Il provvedimento dirigenziale a cui fa espresso riferimento l’art. 1 comma 87 della legge 549/95 si rende, invece, sempre necessario allorquando il Dirigente conferisca ad altri i poteri di accertamento e riscossione dei tributi comunali.
Tant’è che la legge 549/95 fu emessa proprio in virtù del fatto che appena due anni prima, ossia dal 1° gennaio 1993, fu introdotto il sistema dei concessionari dei tributi locali, che si sarebbero sostituiti al Comune nello svolgimento dell’attività di gestione e accertamento dei tributi locali, quali inizialmente la Tosap e l’Imposta di pubblicità e, subito dopo, ossia a partire dal D.Lgs. 446/97, di tutti gli altri tributi.
La sentenza a cui fa riferimento l’ex ragioniere riguarda proprio una simile fattispecie.
E dunque, in una situazione in cui l’attività di gestione del tributo locale veniva scissa e separata dal Comune per essere conferita a soggetti concessionari privati, il legislatore ritenne che l’adozione di un provvedimento dirigenziale con cui si indicava personalmente il soggetto referente e responsabile del concessionario fosse una garanzia per il contribuente che si sarebbe visto recapitare atti emessi da terzi rispetto al Comune.
In sostanza, la tutela rappresentata dall’atto dirigenziale in questione consiste nel garantire, in una situazione in cui non è il Comune direttamente ad emettere atti di accertamento, che il Comune abbia comunque effettuato un controllo sul soggetto terzo concessionario e abbia individuato i responsabili di tale attività. E quindi lo scopo è quello di garantire l’attribuibilità dell’atto firmato a stampa al concessionario comunale che non lo sottoscrive a penna.
Il problema sollevato nell’articolo del 23 febbraio non sussiste, dal momento che gli atti firmati a stampa direttamente dal dirigente comunale non possono soffrire del dubbio della provenienza degli stessi dal dirigente medesimo, perché non c’è nessuna delega.
Basti poi soffermarsi sull’orientamento della giurisprudenza di legittimità, ben rappresentata da Corte di Cassazione, Sezione civile, Sentenza, 10 giugno 2009, n. 13375, che risolve il problema dell’attribuibilità dell’atto amministrativo e della sua esistenza anche in caso di assenza totale della firma, affermando con tutta chiarezza che “l’atto amministrativo esiste come tale, allorché i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall’amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l’autore secondo le norme positive, salva la facoltà dell’interessato di chiedere al giudice l’accertamento dell’effettiva provenienza dell’atto stesso dal soggetto autorizzato a formarlo. Ne consegue che il difetto di sottoscrizione autografa dell’atto amministrativo non è, di per sé, motivo di invalidità dello stesso”. Giusto per una corretta informazione dei cittadini, infine, ci risulta che in nessuno dei ricorsi ad oggi presentati al giudice tributario contro gli avvisi di accertamento sia stata sollevata la questione della firma a stampa.
Tanto dovevamo.
IL COMUNE DI PESCIA