Il prof. Carlo Vivaldi-Forti,presidente dell’associazione Destra Domani, ci invia questo interessante articolo su Banche e Svilppo che volentieri pubblichiamo :

Premessa.
Lo spaventoso declino che colpisce l’intero Occidente, ma in particolare l’Europa e l’Italia, impone di rivedere alla radice i criteri che presiedono all’accumulazione del risparmio e all’erogazione dl credito. L’attuale sistema bancario non soltanto non si rivela un propulsore per un rinnovato sviluppo, bensì un freno ingombrante per l’economia produttiva, o reale, rastrellando gran parte della liquidità sul mercato, non per finanziare il sistema delle imprese, peraltro scopo primario dell’attività bancaria, ma per investirla in rischiose operazioni speculative, causa prima dei paurosi dissesti dell’ultimo ventennio e rilevante concausa della crisi generale. Nuove strategie e nuovi assetti, nel settore , appaiono quindi urgenti e indispensabili.
Banca etica o Venture Capital?
Assodato che la politica del credito deve essere rivista integralmente , se vogliamo uscire dalla stagnazione, bisogna prendere atto della necessità di erogare finanziamenti alle aziende, in particolare a quelle nuove , e gestite da giovani. Ma come fare, se la Banca per concedere un credito , o anche un sia pur modesto scoperto di conto, chiede garanzie reali da cinque a dieci volte superiori al valore dell’affidamento? Aprire l’ombrello quando c’è il sole e chiuderlo quando piove , come recitava un vecchio adagio popolare, è sempre servito a poco, ma se al tempo della crescita costante ciò poteva aiutare , sia pure marginalmente , lo sviluppo, in epoca di deflazione e di crisi rappresenta una politica a dir poco suicida. E’ evidente che bisogna uscire da questa impasse, progettando strategie bancarie alternative.
Rendendosi conto di questa drammatica contraddizione, che paralizza il sistema produttivo, molti ipotizzano oggi la fondazione di Banche etiche. Sotto questo nome si dovrebbero intendere istituti di credito disposti ad erogare finanziamenti non sulla base delle garanzie reali presentate dall’affidato, bensì di un rapporto fiduciario che entri nel merito degli scopi per cui il credito viene richiesto, e della loro idoneità a migliorare le condizioni di vita non solamente del beneficiario, ma anche dei soggetti terzi che dalla sua attività trarrebbero vantaggio, oltre che della società umana nel suo complesso. In tale categoria rientrano, per esempio, i prestiti d’onore , che qualche Banca concede sporadicamente ai giovani imprenditori per aiutarli ad avviare una nuova impresa. Ma è generalizzabile, tale sistema, oppure destinato a rimanere nel novero di quelle rondini isolate che non fanno primavera?
La Banca etica dovrebbe fare proprie queste tecniche atipiche di finanziamento, estendendole il più possibile pur nei limiti di una ragionevole prudenza. Storicamente, però, si conosce un’altra forma di credito senza garanzie, e talvolta anche senza interesse, che ha preso corpo negli USA fin dal secondo dopoguerra, per poi sbarcare in Europa tra gli anni ’70 e ’80: il Venture Capital. Non si trattava , sia chiaro, di un regalo alle imprese. Esso, al contrario, aveva di mira il profitto del finanziatore , addirittura un profitto sperabilmente più alto di quello che si poteva attendere dall’applicazione di un normale tasso d’interesse. La tecnica consisteva nell’individuare un’azienda di promettente sviluppo, in particolare nei settori a tecnologia avanzata, entrare in essa con un rilevante capitale nel suo pacchetto azionario, per poi seguire dall’interno le vicende della stessa. L’intervento del capitalista ne garantiva una crescita rapida e molto elevata, che gli permetteva , in un numero di anni limitato, ma comunque programmato a tavolino, di rivendere le proprie quote ad un valore molto più alto di quello d’ingresso. Ecco perché si poteva permettere di non chiedere né garanzie , né interessi. Lo sviluppo avveniva in stretta collaborazione con gli altri proprietari, e il risultato aziendale premiava o penalizzava entrambi , ciascuno per la propria parte di rischio.
Appare evidente che tale forma di credito esigeva un mercato in costante , quantificabile espansione. Quando la crisi cominciò a mordere, rendendo impossibili le previsioni di crescita, essa è scomparsa, e la maggior parte delle imprese che la praticavano chiuse o fallì. Quell’esperienza, tuttavia, non deve essere considerata vana. Essa ci ha rivelato una modalità di rapporto fra banca ed azienda alla quale ci si potrà ispirare nelle future realizzazioni.
Uomini della Banca in azienda e la loro formazione professionale.
Il Venture Capital prevedeva dunque un finanziamento senza garanzie alle imprese prescelte. Come, allora, il finanziatore poteva tutelarsi? Il sistema seguito fu l’introduzione di uno o più uomini della Banca nei cda delle aziende, con diritto di veto ( Golden Share) in caso di decisioni da lui non condivise e ritenute troppo rischiose per la sicurezza degli affari. Tale funzione ha dato vita ad una nuova figura professionale, a metà strada fra il dirigente bancario classico e quello industriale: il rappresentante della Banca nell’impresa. Egli doveva possedere una approfondita conoscenza sia della prima che della seconda. Oggi, qualora dovesse rinascere una forma di finanziamento senza garanzie , da parte di Banche etiche o simili, sarebbe necessario provvedere a una sistematica formazione di questa categoria. In America, all’epoca del Venture Capital, erano sorte apposite scuole. Purtroppo , la parzialità e brevità dell’esperienza hanno impedito la nascita di uno specifico ruolo professionale, ma oggi quei precedenti potrebbero essere utilmente rivisitati e studiati, allo scopo di organizzare un’ adeguata preparazione di queste figure.

Prof.Carlo Vivaldi-Forti

Inviato per e.mail