Il prof. Carlo Vivaldi-Forti, presidente dell’ associazione Destra Domani, ci invia questo interessante articolo che volentieri pubblichiamo :
“ Il clamoroso scandalo del Mose di Venezia, che segue di poche settimane quello dell’Expo 2015 di Milano, ha riaperto brutalmente l’interrogativo circa la sostenibilità di un sistema socio-politico e amministrativo che , da qualunque parte lo si osservi, non fa che evidenziare l’esistenza di una corruzione generalizzata, la quale allontana ogni ragionevole speranza di miglioramento, condannando la nostra società ad un rapido declino, il cui esito non può essere che l’avvento di una tirannide o lo scoppio di una guerra civile. Ma sono davvero giustificati questi timori? Cerchiamo di capirne di più.
I precedenti non sono certo incoraggianti. Un quarto di secolo fa abbiamo assistito all’implodere di quell’impero sovietico che per sette decenni aveva terrorizzato il pianeta, annunciandosi come il nuovo potere destinato a realizzare, utilizzando il comunismo come ariete, quell’egemonia mondiale invano perseguita dai grandi della storia, da Alessandro Magno a Cesare, da Carlo V a Napoleone, da Gengis Khan a Hitler. “Stavolta è quella buona”, ripetevano in coro non soltanto gli adepti e i fanatici della setta marxista, ma anche molti leader occidentali. Pensiamo che un Pontefice come Paolo VI , un uomo di Stato come Aldo Moro, ma anche un presidente americano come Jimmy Carter, si erano adattati a ricercare accordi con il temutissimo avversario, nella convinzione che ormai avesse partita vinta e ritenendo il minore dei mali rabbonire l’orso, mostrandosi docili, anziché sfidarlo in un confronto perso in partenza.
Improvvisamente , invece, la storia girò in senso contrario smentendo, su entrambe le sponde dell’Atlantico, i pacifisti e i dialoganti ad ogni costo. Questa rappresentò la nuova e formidabile energia che permise l’elezione di un indomito combattente al soglio di Pietro, di un conservatore duro e puro alla Casa Bianca , di un riformatore al Cremlino. Ma cosa rese possibili questi rivoluzionari sviluppi, ai quali nessuno credeva fino a pochi anni prima? La risposta è ormai chiara: il collasso interno del regime dei Soviet, provocato dal tracollo della sua economia. Alla base di quel monolitico potere si trovava infatti una burocrazia tentacolare e onnipresente, a cui nulla e nessuno sarebbero dovuti sfuggire, fondata su un ossessivo e capillare sistema di controlli. In pratica metà della popolazione controllava l’altra metà, e ciò non poteva condurre che a due esiti immaginabili: o la reciproca eliminazione di tutti , o un accordo generale che inevitabilmente avrebbe coinvolto controllati e controllori in un solo, formidabile meccanismo di corruzione.
Così, chi doveva sorvegliare la regolarità dei bilanci dei vari Kombinàt si faceva complice degli enormi ammanchi di cassa in cambio di una spartizione del bottino, mentre quelli che , a loro volta, avrebbero dovuto verificare l’onestà di questi, accettavano ben volentieri regali e privilegi per chiudere entrambi gli occhi. Ciò condusse alla paralisi pressoché totale della produzione, impedendo qualsiasi investimento nell’innovazione e nella ricerca, in modo tale che , alla fine dell’era Breznev , uno dei paesi più ricchi del pianeta quanto a materie prime, e malgrado l’esistenza di tecnici ottimamente preparati, era decaduto ai livelli sussistenziali del terzo mondo. Gorbaciov tentò , con la Perestroika , di avviare riforme al fine di restituire vitalità al sistema, ma invano: questo era ormai talmente marcio che l’unica soluzione percorribile si rivelò prima l’anarchia totale degli anni di Eltsin , poi l’edificazione di un ordine nuovo sotto la guida autoritaria di Putin. La Russia di oggi non è infatti democratica, ma la sua economia conosce un notevole sviluppo, forse per la prima volta nella sua storia.
Ebbene, le vicende italiane ricordano da vicino quel che è accaduto in Russia. Anche da noi autorità politiche e imprenditori hanno stretto patti scellerati per spartirsi il denaro pubblico, coinvolgendovi controllati e controllori, nelle persone di alti ufficiali della Guardia di Finanza, magistrati , contabili, e via di seguito. La situazione dovrebbe fare seriamente riflettere su ciò che succede quando il processo economico si trova accentrato nelle mani dei politici e di una burocrazia onnipresente e irresponsabile. Facile è anche prevedere come la vicenda finirà: la recessione diverrà sempre più drammatica , fino al completo dissolvimento del sistema.
Finora abbiamo parlato dell’Italia e della Russia, ma questi sono soltanto esempi. L’approfondimento di tali dinamiche ci conduce a riflettere sulle vere cause della cosiddetta crisi globale, che affligge l’intero Occidente e ancor più l’Europa da oltre un decennio. In questo ci aiuta il saggio di Luciano Gallino, Il colpo di Stato di banche e governi, Einaudi 2013, un capitolo del quale tenta di rispondere alla domanda che molti si pongono : crisi di sistema o criminalità organizzata? L’autore rileva come l’inizio della recessione mondiale, apparentemente provocata dalla questione dei mutui subprime americani, fosse maturato in un ambiente che egli definisce criminogeno, nel quale non soltanto gli istituti di credito agivano senza scrupoli e nella totale mancanza di rispetto per i propri clienti e per i risparmiatori, ma si servivano pure di collaboratori, intermediari e tecnici, spesso reduci dalle patrie galere. Costoro si mostravano del tutto privi di morale, quando si trattava di chiedere la sottoscrizione di contratti truffaldini, ovvero di avallare perizie del tutto improbabili, in base alle quali il valore di un appartamento o di una villetta poteva lievitare anche di sei o sette volte rispetto a quello effettivo, al solo scopo di concedere prestiti ben più ampi del normale, che servivano alle banche per falsificare i propri bilanci, emettere titoli spazzatura, promuovere raccolte di denaro, effettuare rischiosissime ma vantaggiosissime speculazioni sui derivati.
Poiché tali comportamenti prevedevano l’accordo di grandi aziende private, gruppi finanziari, esponenti politici di ogni partito, governi e parlamenti, l’autore non esita a parlare di associazione a delinquere a livello mondiale, contratta da poche decine di migliaia di persone che hanno rovinato l’esistenza a centinaia di milioni di altre, non soltanto non essendo chiamate da nessun tribunale a risarcire i danni, ma addirittura colpevolizzando le stesse vittime di quanto accadeva, in modo da ottenere da loro, con la complicità degli Stati sovrani, le risorse per far fronte ai ladrocini e agli errori compiuti. La politica di austerità, espressa in una dittatura fiscale ad opera di funzionari non eletti, come quelli europei, sarebbe quindi lo strumento per poter continuare a rubare, espropriando con una serie di norme formalmente legali , in quanto imposte dai parlamenti, i risparmi accantonati in una vita di lavoro dai cittadini onesti. Ciò che però si configura come il vero dramma della nostra epoca, è che tutto questo avviene nell’indifferenza generale di un ambiente criminogeno , creato ad arte, nel quale i valori fondamentali della vita e della convivenza umana sono ridicolizzati e spesso invertiti, per cui il Bene si chiama Male e il Male si chiama Bene.
Questa drammatica analisi la ritroviamo nell’interessantissimo saggio di Lino Rossi e Orlando Del Don, Lo sguardo del Male , Borla 2012, in particolare nel terzo capitolo. Gli autori trattano del male come perversione, chiedendosi se ambienti sociali particolarmente degradati, come nei casi limite del Lager e del Gulag, non inducano la soppressione di qualsiasi forma di moralità, soprattutto di quella che definiscono responsabilità dell’Altro , abbrutendo l’uomo fino a scatenare il suo sadismo represso, esercitato, senza ritegno né controllo, verso i deboli e gli indifesi. Per fortuna essi rispondono negativamente , nel senso che in fondo all’anima umana sopravvive pur sempre un barlume di eticità, espresso nella volontà soggettiva come estrema facoltà di scelta, ed è proprio facendo appello a questa, che intravvedono una prospettiva di salvezza per l’uomo, anche per quello che vive negli ambienti di perversione. Aggiungo io che alcuni esempi luminosi maturati nei campi di concentramento, tipo quelli di Massimiliano Kolbe e di Viktor Frankl , per non parlare dei moltissimi dissidenti russi, lasciano viva la speranza.
Istruttiva, infine, è la meditazione di una lettera pastorale di Papa Francesco, Guarire dalla corruzione , Emi 2013, in cui egli mette in guardia dal cadere in quello stato d’animo per il quale la disonestà non è più neppure considerata peccato, ma abitudine socialmente accettata e condivisa. Afferma: Il corrotto si sente a suo agio e felice come quell’uomo che pianificava la costruzione di nuovi granai, e se le cose si mettono male conosce tutte le scuse per cavarsela, come ha fatto l’amministratore corrotto che ha anticipato la filosofia degli abitanti di Buenos Aires del “fesso chi non ruba”.
Uscire da questo stato di corruzione totale è possibile, o ci dobbiamo rassegnare al ritorno della barbarie? Sì, è possibile, ma a condizione che si cambino alla radice i rapporti fra il cittadino e lo Stato. L’alternativa antropologica, prima che storica, è la Società partecipativa. Uno stupendo saggio di Franco Fornari, psicoanalista di fama mondiale e mio indimenticabile Maestro all’Università di Trento, delinea le fondamenta psicosociali di questa soluzione. Ma ciò necessita di un nuovo ed apposito articolo, che comporrò prossimamente.”
Prof.Carlo Vivaldi Forti