È possibile rintracciare l’identità di un luogo con la fotografia? È possibile con questa riconoscere il fascino di uno spazio urbano e della sua architettura? È possibile scoprire con questo medium i momenti che hanno contrassegnato l’esistenza di un abitato? Sono domande a cui si cerca di rispondere con il libro edito da Ets “Il terziere del Duomo a Pescia. Tempo e spazio in fotografia”, di Galileo Magnani, apparso da poco in libreria.
Attraverso 324 immagini fotografiche, dalla più antica risalente al 1865 a quelle riprese nel nuovo millennio, si è fatto un discorso su uno spazio urbano e sulla città tutta, Pescia, città ove un’antica suddivisione dell’abitato è tuttora riconoscibile nella sua specificità, dimostrata a diversi livelli: nel tessuto viario e nell’architettura, nella prevalenza di certe funzioni sociali, nei ricorrenti eventi devozionali intesi d’altra parte come occasioni di festa per la comunità intera.
Proprio per la permanenza di questo terziere, dissoltisi gli altri due in un unico continuo settore urbano, viene attestato per Pescia lo statuto di città, anzi di antica capitale della Valdinievole: una città piccola quanto si voglia, con le sue alterne fortune e con le sue insufficienze, ma ricca per i caratteri dei palazzi pubblici e degli edifici di civile abitazione diversi per età e per stile architettonico. Un tale variegato ambiente riesce ancora ad articolarsi in singoli settori, in quartieri ben riconoscibili, differenziati per epoca d’insediamento e per modalità di crescita, per struttura e per sviluppo.
E definire Pescia una città sarebbe cosa ardua senza tutto questo e senza la presenza, all’interno di un disegno sostanzialmente unitario, di un brano urbano con un’anima propria, come è il terziere del Duomo, la cui condizione viene dimostrata anche dallo specchio di quest’anima: il volto reso visibile dalla successione di fotografie stampate nel libro fotografico di cui si dice.
Articolata senza soluzioni di continuità, la sequenza di immagini inserite nell’album vuole proporre, nei limiti del possibile, un flusso temporale di volta in volta segnato da una o più riprese fotografiche dedicate a un determinato soggetto, nel tentativo di ricostruire con il materiale iconografico resosi disponibile, e quindi per frammenti, l’essenza e la vicenda del duomo di Pescia, inteso come chiesa cattedrale e come abitato ove essa è racchiusa.
Per assonanza di temi e per contiguità di luoghi, le immagini sono state giustapposte pagina per pagina secondo una progressione suddivisa in cinque grandi sezioni, limitate da momenti precisi, ossia dai tempi della speranza, del rinnovamento o della festa, oppure ahimè dai tempi calamitosi della guerra, momenti questi presi come inizio o come termine delle sezioni stesse, definite forse arbitrariamente ma col presupposto di seguire meglio il dipanarsi della vicenda d’una parte essenziale della città. Fa da pendant al volto di ieri del terziere, disegnato grazie alla fotografia ottocentesca e novecentesca, il volto di oggi, ripreso nella porzione più antica dell’abitato dall’occhio ‘impassibile’ della fotocamera.
Oltre ai luoghi celebrati, sono stati osservati nell’attualità gli angoli fino a questo momento trascurati dai fotografi. Partendo dalle mura medioevali, vagabondando ai bordi e nelle pieghe dell’ambiente urbano inscritto nell’antica cinta difensiva, entrando talvolta negli edifici religiosi, si è cercato di registrare per immagini una realtà avvertibile lungo un cammino che si snoda con andamento centripeto verso il centro, verso cioè un ipotetico elemento generatore del terziere, dal quale si è organicamente irradiato un intricato e fascinoso assetto urbano.
Fonte: Edizioni Ets