Il dott. Carlo Vivaldi Forti,presidente dell’associazione Destra Domani di Pescia, ci invia questi due interessanti articoli che pubblichiamo integralmente :
CRISI DELL’EUROPA O CRISI DELLE IDEE ?
“La spaventosa recessione economica in cui sono precipitati molti paesi del Vecchio Continente, in particolare quelli mediterranei ma non soltanto, con prospettive di declino inarrestabile qualora la tendenza non venga presto capovolta, ha innescato un processo di disaffezione nei confronti dell’Unione Europea, tanto che un po’ dappertutto sono sorti movimenti nazionalisti , separatisti, sciovinisti, decisamente contrari alla moneta unica e alle istituzioni comunitarie. L’esempio di Alba Dorata non è certo il solo, basti pensare all’incredibile successo di Marine Le Pen in Francia, di Grillo in Italia, e all’apparire di un forte partito antieuropeista in Germania, che pure è il paese più beneficato dalla politica di Bruxelles. Di fronte alla prospettiva concreta di un prossimo sfascio dell’intero edificio costruito in sessant’anni, sembra indispensabile prendere posizione al riguardo.
Non c’è dubbio, infatti, che l’Ue come oggi la conosciamo non possa durare. Una sedicente o supposta compagine statale che manca di un Parlamento in grado di prendere decisioni e applicarle , di un governo centrale legittimamente insediato , di un presidente eletto dal popolo e di una banca pubblica capace di stampare moneta, assumere debiti ed erogare crediti, somiglia ad uno scenario di cartapesta pronto ad afflosciarsi al più lieve stormire di fronda. Inoltre essa è dominata da una burocrazia inetta e corrotta di funzionari nominati, la cui unica preoccupazione è la tutela degli interessi dei poteri forti, i quali, in cambio della loro pecorina ubbidienza, li pagano e ricompensano profumatamente.
Di tutti gli ideali, i buoni propositi e le intenzioni morali che avevano animato negli anni ’50 uomini della levatura di Adenauer, De Gasperi , Schumann , al presente non resta nulla. La politica , a livello continentale, è finita, soppiantata da una economia finanziaria ottusamente speculativa che guarda soltanto all’utile immediato , del tutto sorda a preoccupazioni quali la compatibilità, lo sviluppo, la salvaguardia di un minimo di benessere per tutti, le proprie stesse prospettive di sopravvivenza nel tempo. Da tale mentalità, divenuta purtroppo il pensiero dominante, origina il presente declino dell’Europa. Il rischio di crollo generale è davvero alto, e se le cose continuassero così, il ritorno alle monete nazionali, la chiusura delle frontiere e il riapparire dei dazi interni sulle merci diverrebbero inevitabili.
Le conseguenze sarebbero gravissime: non soltanto si riattiverebbero in forma drammatica i pur sempre latenti, tradizionali conflitti tra le nazioni, ma , ancora più grave, i singoli paesi si troverebbero confrontati, senza alcuna protezione, con la concorrenza di giganti continentali di tutto il pianeta, con effetti facilmente prevedibili. Dobbiamo allora chiederci se tale prospettiva sia inevitabile, e cosa eventualmente fare perché non si realizzi.
E’ peraltro chiaro , e di questo sono convinte tutte le persone in buona fede, che sulla base degli attuali istituti comunitari non si va da nessuna parte. Le oligarchie dominanti appaiono teleguidate da gruppi malavitosi globalizzati, il cui solo scopo è appropriarsi con quattro soldi delle maggiori imprese europee, distruggendo la sovranità di parlamenti e governi, e creando un sistema di sfruttamento del lavoro simile a quello vigente, fino a pochi anni addietro, in Cina, India, Brasile. L’intento è far retrocedere l’Europa nel terzo mondo, mentre talune potenze emergenti di questo diverrebbero il primo mondo di domani. Il disegno è spudoratamente chiaro: occorre chiedersi se esso sia contrastabile e con quali mezzi.
Di sicuro le attuali classi dirigenti , nazionali e comunitarie , non sono all’altezza di farlo, né moralmente né intellettualmente . Per ridare slancio all’Europa occorrono uomini nuovi e soprattutto una nuova cultura. L’omologazione soffocante imposta dalla malavita globale, che riguarda tutti i settori della vita associata inclusa la lingua, ( bene fanno i francesi a resistere al predominio incontrastato dell’inglese, che ormai ha sostituito di fatto antichi e nobilissimi idiomi come il tedesco , lo scandinavo, lo slavo nell’Europa orientale ), può essere combattuta soltanto mediante uno scatto d’orgoglio, quale quello che si produce quasi sempre a seguito dei grandi traumi della storia, guerre e rivoluzioni, ai quali la crisi attuale equivale. Ciò, tuttavia, non basta ancora. Per ricostruire un edificio culturale , statuale, economico e politico distrutto, occorre in primis un grande progetto di civiltà, un patrimonio di nuove idee, idonee ad affrontare i gravissimi problemi sul campo e a rimodellare i rapporti sociali devastati.
Noi ce l’abbiamo, insito nel nostro patrimonio genetico, ed è la Partecipazione. Si tratta di studiarla bene, adattarla alle circostanze e sottoporla al giudizio dei popoli, a livello europeo, in precisi programmi politici ed elettorali. In vista di ciò dovremmo promuovere incontri bilaterali o multilaterali con le forze politiche più vicine al nostro pensiero nell’area comunitaria”.
LA NUOVA DESTRA RIPARTA DALLE GRANDI IDEE
“Il tradimento di Alfano e compari non ha bisogno di commenti. Il fallito tentativo di Berlusconi di mandare a casa Letta era dovuto non tanto e non principalmente al problema della sua decadenza, quanto alla necessità di far fuori un governo di sola sinistra , il cui unico scopo era e resta quello di espropriare definitivamente i cittadini dei loro sudati e legittimi risparmi, per devolvere il frutto della rapina ai compagni e alle loro clientele, a sindacati e partiti amici, ma soprattutto per compiacere la finanza creativa e criminale globalizzata, che vuole l’Italia e l’Europa in ginocchio per comprare ai saldi le sue aziende migliori, i suoi immobili più prestigiosi, la sua manodopera più qualificata che , spinta dalla disperazione , è ormai disposta a vendersi a qualunque prezzo, come nel terzo mondo.
Ebbene, il sedicente Nuovo Centrodestra è nato allo scopo di agevolare questo disegno diabolico, che Berlusconi , in un atto di sia pur tardiva resipiscenza, voleva fermare. Come sempre, disgraziatamente per lui e per noi, il Cavaliere ha chiuso la stalla quando i buoi erano scappati. Questo sembra il suo destino, quello che lo ha perso, rendendolo prigioniero dei suoi nemici marxisti-leninisti, e che non ha permesso all’Italia di salvarsi in extremis. Inutile piangere oggi sul latte versato, ricordando che soltanto dopo un anno catastrofico di follie economiche e fiscali incassate in silenzio, si decise a far cadere Monti , e che nel maggio scorso fu proprio lui, commettendo il suo ultimo e irreparabile errore, a volere a tutti i costi le larghe intese e a chiedere a Napolitano di restare per farsene garante. L’esito fallimentare di queste scelte è sotto gli occhi di tutti. I lettori del Borghese ricorderanno che nel novembre 2012 pubblicai una lettera aperta al Cavaliere ove stigmatizzavo la sua politica di ripetuti cedimenti e annunciavo la mia astensione alle prossime elezioni . Anche alla luce di quanto successo dopo, non rinnego una parola di quel documento, ma al presente, da critico leale, aperto e non prezzolato, m’inchino alla caduta del solo leader che la destra italiana abbia avuto nella Seconda Repubblica, augurandogli una vecchiaia produttiva e serena, circondato dall’affetto dei suoi cari e dal riconoscimento che sicuramente merita, ( che in parte ci spinge a perdonargli i suoi sbagli), di essere stato uno dei pochi governanti onesti della nostra storia recente, che se ha commesso pazzie nella vita privata non lo ha fatto rubando il pubblico denaro, come invece è triste abitudine di molti suoi colleghi.
Levàti gli scudi e inchinati gli stendardi, però, resta il fatto che la destra italiana non soltanto non possiede oggi un leader degno di questo nome, ma neppure un progetto alternativo di società e di Stato organico e credibile, in grado di catalizzare il consenso e l’entusiasmo degli elettori. Se domani mattina, per ipotesi assurda , salisse al potere una coalizione di centro-destra fondata sui vari spezzoni di partito che si riconoscono in questa posizione, non saprebbe letteralmente cosa fare, se non proseguire nella assurda politica dei tagli lineari e dell’imposizione fiscale occulta, come purtroppo è avvenuto in passato. Ed è proprio per questo che quel miracolo non si realizzerà. Pertanto, se non vogliamo che le sinistre e i poteri forti loro sponsor instaurino un regime secolare, rendendo l’Italia l’unico paese comunista al mondo dopo la caduta del Muro, è indispensabile rifondare la nostra parte politica, come sappiamo potenzialmente maggioritaria nelle scelte degli elettori, promuovendo una riflessione a tutto campo su ciò che nella società contemporanea significa il termine destra.
In questo lavoro, che ritengo propedeutico alla fondazione di qualsiasi nuovo partito o coalizione di partiti, dobbiamo respingere , con lo sdegno e la chiarezza che meritano, le accuse qualunquistiche, sempre dietro l’angolo , di occuparci dei massimi sistemi , di fare ideologia anziché rispondere ai problemi quotidiani e immediati della gente comune. Replico subito a queste scontate banalità, sottolineando che proprio l’inadeguatezza e il conseguente crollo dei massimi sistemi del passato, che non si sono voluti modificare quando sarebbe stato necessario in omaggio agli interessi mafiosi ad essi collegati, appaiono la prima causa delle attuali sofferenze. Non ci sono cambiamenti né riforme in vista, se non si prende atto che il modello sociale e di sviluppo della Prima e della Seconda Repubblica è ormai un cadavere putrefatto, da seppellire senza indugio sotto metri di cemento armato. Ad esso se ne deve sostituire uno integralmente nuovo e diverso , capace di ricostruire tutto ciò che il precedente ha distrutto. Ecco a cosa servono le teorie e gli studi!
Per comprendere meglio come si è arrivati a questo punto, e come uscirne, vale la pena compiere un breve excursus storico. Uno dei miei autori preferiti , per chiarezza e linearità di pensiero, il politologo tedesco Kurt Schilling , così conclude una delle sue opere principali, (Storia delle idee politiche e sociali , Garzanti ed. , 1965), pubblicata in lingua originale già nel preistorico 1957 :
Ma la possibilità, elaborata da Epicuro nell’antichità e da Schopenauer nel diciannovesimo secolo, cioè un individualismo che svaluti completamente la comunità politica, oggi ha una portata assi scarsa. Le possibilità tecniche dell’economia o dell’onnipotenza dello Stato, la costrizione che obbliga ad accettare l’automatismo nel lavoro, la specializzazione , i consumi standardizzati e la formazione di un’opinione pubblica resa uniforme ad opera della pubblicistica , infine la mancanza di spazio sulla terra che diviene sempre più piccola, e in misura paurosa, rispetto al numero dei suoi abitanti, escludono quasi completamente il “vivi nascosto”. Al posto di questo individualismo è subentrato l’isolamento dell’uomo in seno alla massa. Solo partendo da questo stato di crisi , supposto che ci si renda veramente conto di essa, potrebbe scaturire quel nuovo , autentico soddisfacimento delle esigenze umane cui tutti aspirano.
Questo brano si trova alla fine di un capitolo dedicato al vero problema dell’umanità nell’era industriale e post-industriale , che è, a parere dell’autore, l’integrazione delle masse anonime nello Stato. Egli considera quindi le principali ideologie del XIX e del XX secolo, comunismo, fascismo , nazional-socialismo , pragmatismo efficientistico americano, come tentativi falliti , per diverse ragioni, di rispondere a questa necessità. Affronta inoltre il tema della partecipazione, che vede già abbozzato nel Leviatano di Thomas Hobbes , ove la guerra di tutti contro tutti , teorizzata dal grande filosofo e addotta come giustificazione dell’assolutismo, è una lotta per la partecipazione alla sovranità, non per il godimento dei beni. Il conflitto sociale, che Marx ridurrà in termini puramente economici a causa del suo pregiudizio materialistico, si muove sempre , pericolosamente, fra i due estremi dell’anarchia e della tirannide. Schilling non giunge fino alla conclusione logica, che questo Scilla e Cariddi può essere evitato solamente in un modo: sostituendo lo Stato partecipativo allo Stato rappresentativo.
Nell’epoca in cui egli scriveva , gli studi sociologici in tal senso non erano così avanzati come oggi , e i tentativi prodotti dal fascismo con le corporazioni , e dal comunismo con la proclamata autonomia dei soviet, erano morti sul nascere rispettivamente per una guerra mondiale perduta e per la dittatura del partito unico sotto lo scettro sanguinante di Stalin. Tuttavia, afferma di prevedere un prossimo, inevitabile , radicale cambiamento . L’integrazione delle masse nello Stato, previo il riconoscimento dell’individuo nella sua unicità assoluta, concetto analogo a quello di persona umana, rappresenta l’inevitabile sbocco dei conflitti e delle tensioni della società industriale. La restaurazione dell’armonia sociale perduta, che rimanda alla polis greca, al libero comune medioevale e al principio su cui entrambi si reggevano , l’autogoverno dei governati, sarà l’effetto dell’esasperazione e del precipitare delle contraddizioni degli attuali assetti. Tutte le grandi svolte della storia si compiono nella sofferenza e nella crisi : perciò , la svolta più grande di tutte , il cambiamento decisivo della società umana, sarà l’effetto della crisi più grande.
Per essere all’altezza dell’ora che volge, per salire in corsa e pericolosamente sul treno sfrecciante del destino, occorre tuttavia liberarsi dal dubbio sistematico, instillato nella cultura odierna dai poteri forti , dalle sinistre e dai falsi intellettuali loro leccapiedi, filosofia che induce a vivere alla giornata, senza progetti né speranze , in una politica del piccolo cabotaggio e della preoccupazione quotidiana per la pagnotta. Ciò, s’intende, allo scopo di sottometterci meglio. Reagire virilmente e duramente a questa ridicola e spocchiosa , ma soffocante dittatura del relativismo, dovrà essere la missione della Nuova Destra. Essa potrebbe trovare ispirazione nelle parole di uno dei pochi grandi statisti del secondo dopoguerra, Charles de Gaulle , che così si esprimeva nell’agosto 1967 : l’affermazione, che Goethe pone in bocca a Mefistofele , “ sono lo spirito che nega tutto”, rappresenta il nihilismo dei nostri giorni. Noi non faremo altrettanto. Respingendo il dubbio, questo demone di tutte le decadenze, proseguiamo tranquilli il nostro cammino. Quello di una Francia che crede in se stessa e che, proprio per questo, si apre al futuro. Il combattimento fondamentale dell’avventura gollista è fra l’Essere e il Nulla: occorre scegliere, correndo se necessario i rischi più grandi, fra lo Spirito Vivo e la Lettera Morta.
Un buon motto, mi sembra, per l’apertura di un futuro congresso nazionale di tutte le destre unite, purché si lascino da parte opportunisti e traditori i quali, come sappiamo, abbondano purtroppo anche dalle nostre parti”.
Dott.Carlo Vivaldi-Forti
Presidente Associazione Destra Domani di Pescia