Promosso dal Dipartimento di Filosofia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa e dalla Fondazione Mario Tobino, con il patrocinio del Comune di Lucca, della Asl Toscana nord ovest, del network Mente in rete, e Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.

Si è svolto tra Maggiano e Pisa il convegno “Le parole per dirlo. La malattia mentale: luoghi persone narrazioni”. A Maggiano presso il Polo didattico di S.Maria a Colle ed a Pisa presso il Centro le Benedettine.
Grazie al grande lavoro degli studenti guidati dalla professoressa Riccucci, è stato dedicato all’esplorazione del sottile crinale che separa, ma anche unisce in un misterioso legame, la narrazione clinica e quella letteraria delle patologie mentali. Storicamente segregate, con i loro portatori, dentro quelle istituzioni totali che per secoli (ma non ovunque, e non da sempre) sono state i manicomi, finché qualcuno non ha cominciato a osservarle, e raccontarle. Come ha fatto con i suoi libri di grande successo il medico e scrittore Mario Tobino.

Una svolta tutta contemporanea che ha il suo perno proprio in questo medico-poeta, attivo negli ospedali psichiatrici di Ancona, Firenze e infine Maggiano, capace di parlare del manicomio come di “luogo pieno di fiori”, dove, però, quei fiori “non si riesce a vederli”. Autore, nel 1953, del primo testo narrativo sulla malattia mentale, il romanzo Le libere donne di Magliano, in cui (da scrittore) racconta la sua esperienza da medico nel reparto femminile di Maggiano (ribattezzato Magliano), prima del boom degli psicofarmaci, e della legge Basaglia (che non gli piacque per nulla).
“Il convegno è stato il primo in Italia dedicato al rapporto tra malattia mentale e narrazione” – spiega la curatrice e organizzatrice Marina Riccucci, docente di Letteratura italiana dell’ Università di Pisa, ovvero “all’indagine del modo con cui la malattia mentale è stata restituita attraverso la letteratura”. Tenendo presente che per trovare, prima di Tobino, un’attenzione letteraria per la malattia mentale, bisogna risalire alla fine del XIII secolo, quando, in un brano della raccolta anonima di racconti Il Novellino, si narra di un medico dell’Alma Mater di Bologna che propone ai suoi studenti un esperimento da cui deriverà, ad uno di loro, un’alterazione psicotica.
E da qui saltare al 1589, anno della pubblicazione de L’Hospidale de’ pazzi incurabili, opera del clerico Tommaso Guerzoni, in cui sono rappresentati antichi (e mitici), ma anche contemporanei, portatori di diverse forme di follia, rinchiusi in uno dei primi manicomi. Testo, dice Riccucci, “a cui nulla di rilevante seguirà fino a Tobino”. Il convegno, in cui si è parlato di storia della psichiatria e delle strutture manicomiali, a cominciare da Maggiano, ha proposto un focus sulla “narrativa” delle sue cartelle cliniche, e dei rapporti della malattia mentale con la letteratura (passando da Dante e Boccaccio), ma anche con l’arte, il teatro, la cronaca, il cinema, la fotografia, e perfino i fumetti. Ha ospitato l’intervento dl scrittori – fra gli altri, lo psichiatra-scrittore Paolo Milone (autore di L’arte di legare le persone, coinvolgente opera letteraria sulla malattia mentale), Fuani Marino (che in Svegliami a mezzanotte ha raccontato la sua depressione post partum), lo studioso Stefano Redaelli (che ha descritto un “viaggio” nel disagio mentale in Beati gli inquieti)-, esperti e accademici come Giulio Ferroni, Valeria Paola Babini, Anna Segre, insieme a Isabella Tobino, nipote dello scrittore Mario e Presidente della Fondazione omonima.
E’ stata anche I’ occasione per la lettura di alcuni stralci dai Diari di Tobino, in larghissima parte inediti, dei suoi testi narrativi, nonché delle cartelle cliniche di Maggiano, con una performance di Livia Castellana ispirata a passi di Libere donne, e vari momenti teatrali dedicati all’opera del medico scrittore. C’è stata anche un’a interessante intervista in collegamento con Ascanio Celestini, che alla follia ha dedicato lo spettacolo La pecora nera.

L’Ufficio Stampa
Demetrio Brandi
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