Dopo l’appuntamento nell’ambito dell’84º Maggio Musicale Fiorentino, il maestro Manfred Honeck alla guida del Coro e dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, si esibirà venerdì 8 luglio in Piazza dei Priori a Volterra, con un programma interamente dedicato alle composizioni di Ludwig van Beethoven e in apertura l’ouverture in mi maggiore op. 72 di Fidelio.Quasi speculare al concerto fiorentino del 7 luglio al Teatro del Maggio, lo spettacolo prosegue con l’esecuzione di Elegischer Gesang op. 118 per coro e orchestra d’archi su testo attribuito a Ignaz Franz Castelli, una delle ultime composizioni di Beethoven e scritta per il suo amico e mecenate Johann Baptist von Pasqualati. Coriolan, ouverture in do minore op. 62, scritta dal genio di Bonn nel 1807 basandosi sulla tragedia di Heinrich Collin del 1804. La quarta composizione beethoveniana del concerto prevede l’esecuzione di Meeresstille und glückliche Fahrt op. 112, cantata per coro e orchestra su testo di Johann Wolfgang Goethe composta tra la fine del 1814 e l’estate del 1815 su due poesie di Goethe a cui fu dedicata. Per chiudere questo che è quasi un tributo a Beethoven, viene eseguita la Fantasia in do minore op. 80 per pianoforte, soli, coro e orchestra su testo di Christoph Kuffner, pubblicata nel 1811 con una dedica al re Massimiliano I di Baviera.
Al pianoforte Andrea Lucchesini; nutrito l’ensemble di solisti formato da Silvia Spessot e Francesca Longari e quattro artisti dell’Accademia del Maggio Musicale: Valentina Corò, Joseph Dahdah, Amin Ahangaran e Davide Piva. Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.
Il maestro Manfred Honeck, che al Maggio ha debuttato nel marzo 2004, ha compiuto i suoi studi all’Accademia di Musica di Vienna e i lunghi anni di esperienze come viola dei Wiener Philharmoniker e dell’Orchestra della Wiener Staatsoper hanno lasciato un’impronta rimarcabile nel suo stile di direzione. Iniziata la carriera come assistente di Claudio Abbado e come direttore della Jeunesse Orchestra di Vienna, fu in seguito chiamato all’Opera di Zurigo, dove vinse, nel 1993, il prestigioso “European Conductor’s Award”. Direttore musicale, già da 14 anni, della Pittsburgh Symphony Orchestra, Honeck e i suoi musicisti hanno ottenuto unanimi riconoscimenti in patria, all’estero e per le numerose incisioni discografiche, di composizioni, fra gli altri, di Richard Strauss, Beethoven, Bruckner e Čajkovskij, che hanno ottenuto varie nomination ai Grammy Awards, vinti nel 2018 come “Best Orchestral Performance” con la registrazione della Sinfonia n. 5 di Šostakovič e dell’Adagio di Barber. Nel corso della sua carriera, Honeck si è saputo affermare come uno dei più capaci e autorevoli interpreti di Beethoven, ha diretto alcune delle più prestigiose formazioni orchestrali al mondo come i Berliner Philharmoniker, l’Orchestra Sinfonica della Radio Bavarese, la Gewandhausorchester Leipzig, la Staatskapelle Dresden, la Tonhalle Orchester di Zurigo, Concertgebouw di Amsterdam, la London Symphony Orchestra, l’Orchestre de Paris, l’Accademia di Santa Cecilia di Roma e i Wiener Philharmoniker.
Andrea Lucchesini, al pianoforte, accompagnerà il maestro Honeck nel corso dell’esecuzione della Fantasia in do minore op. 80 di Beethoven. Lucchesini, che torna al Teatro del Maggio a cinque anni di distanza dalla sua ultima esibizione, s’impone all’attenzione internazionale giovanissimo, con la vittoria del Concorso Internazionale “Dino Ciani” presso il Teatro alla Scala di Milano. Suona da allora in tutto il mondo con orchestre prestigiose e i più grandi direttori, con grande successo di pubblico per la combinazione tra solidità di impianto formale nelle sue esecuzioni, estrema cura del suono, raffinatezza timbrica e naturale capacità comunicativa. La sua ampia attività, contrassegnata dal desiderio di esplorare la musica senza limitazioni, lo vede proporre programmi che spaziano dal repertorio classico a quello contemporaneo, proposto sia in concerto sia in numerose registrazioni in disco, dalle giovanili incisioni per EMI fino alla integrale esecuzione live delle 32 Sonate di Beethoven (Stradivarius), mentre con Giuseppe Sinopoli e la Staatskapelle di Dresda ha inciso per Teldec due capolavori del ‘900 come Pierrot lunaire di Arnold Schönberg ed il Kammerkonzert di Alban Berg. Lucchesini si dedica con passione anche all’insegnamento, attualmente presso la Scuola di Musica di Fiesole, di cui è stato fino al 2016 direttore artistico. Tiene inoltre frequenti masterclasses presso importanti istituzioni musicali italiane ed europee, tra cui l’Accademia di Musica di Pinerolo, il Mozarteum di Salisburgo e dal 2008 è Accademico di Santa Cecilia. Dopo essere stato direttore artistico dell’Accademia Filarmonica Romana dal 2018 al 2021, è stato recentemente nominato direttore artistico degli Amici della Musica di Firenze, a partire dalla stagione 2022-2023.
Insieme al maestro Honeck e al maestro Lucchesini, sul palcoscenico, nel corso dell’esecuzione della Fantasia in do minore, anche un folto ensemble di solisti formato dal soprano Silvia Spessot, al suo debutto sulle scene del Maggio; Francesca Longari, che torna dopo le recenti recite de La Rondine di Puccini andata in scena a settembre 2020 diretta da Marco Armiliato per la regia di Denis Krief e quattro giovani Artisti dell’Accademia del Maggio Musicale: Valentina Corò, Joseph Dahdah, Amin Ahangaran e Davide Piva.
L’Ingresso è gratuito con prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Posti liberi non numerati. Apertura piazza alle ore 20.30.
Per quanto riguarda prenotazioni e informazioni per il concerto a Volterra, il pubblico può rivolgersi al “Consorzio Turistico Volterra Valdicecina” (Tutti i giorni dalle 9.30 alle 13 e dalle 14 alle18) raggiugibile ai numeri 0588/86099 e 0588/87257 o all’indirizzo e-mail info@volterratur.it
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Il programma:
Ludwig van Beethoven
Fidelio, ouverture in mi maggiore op. 72 (Volterra)
(testo di Daniele Spini per il Maggio Musicale Fiorentino)
Per la sua unica opera (più precisamente un Singspiel, con i pezzi musicali alternati a dialoghi in prosa, secondo l’uso del teatro leggero viennese, anziché a recitativi come nell’opera italiana), Beethoven scrisse ben quattro diverse ouvertures nell’arco di dieci anni, attestando anche in questo il faticoso lavoro di ritocchi e rifacimenti che diede al Fidelio la sua forma definitiva. L’ouverture oggi catalogata come Leonora n. 1 (titolo in origine voluto da Beethoven, indotto poi a cambiare idea per evitare la confusione con le opere allora ben note di Gaveaux e Päer, basate sul medesimo soggetto), certo la più debole delle quattro, non fu mai eseguita vivente l’autore; la Leonora n. 2 invece apriva la prima versione, su libretto di Joseph Sonnleithner, rappresentata il 20 novembre 1805 al Theater an der Wien. Quella nota come Leonora n. 3, rifacimento e ampliamento della precedente, fu invece preparata nel corso del profondo rimaneggiamento (anche nel libretto, quasi interamente rifatto da Friedrich Treitschke), cui Beethoven sottopose l’opera dopo ripetuti e poco fortunati tentativi di ridarle vita aggiustandola qua e là. Ma alla prova dei fatti una pagina sinfonica così grandiosa ed elaborata si rivelò sproporzionata e teatralmente inadatta: sicché per la prima rappresentazione del nuovo Fidelio, il 23 maggio 1814, al Teatro di Porta Carinzia, Beethoven riciclo l’ouverture delle Rovine d’Atene. Solo tre giorni dopo, a una replica, Fidelio si presentò con la sua nuova ouverture, che da allora gli si accompagna ripetendone il titolo.
Se le ouvertures Leonora n. 2 e Leonora n. 3 si configurano come ideali riassunti dell’opera, sia sul piano narrativo sia su quello musicale sia su quello dei contenuti morali e poetici, in ciò contribuendo a gettare le basi della vicenda tutta romantica del poema sinfonico, quella definitivamente assegnata al Fidelio sembra avere soprattutto i connotati di una pagina stringata ed efficace nel preparare il passaggio alla finzione teatrale. Anziché dipingere con drammatica conflittualità il contrasto fra bene e male e l’itinerario dal dolore alla salvezza e dalla prigionia alla libertà che segna la trama (desunta dalla Léonore di Jean-Nicholas Bouilly, tipica pièce à sauvetage dell’età rivoluzionaria), Beethoven in questa ultima ouverture preferisce introdurre l’azione quasi all’insegna della letizia, come a prefigurare lo scioglimento fin dall’inizio, senza utilizzare motivi tratti dall’opera.
Caratterizzata nell’invenzione tematica come nella strumentazione da una levità e da una purezza di linee che sembra consegnarla ormai allo stesso mondo limpido e neoclassico della Settima Sinfonia piuttosto che al Beethoven eroico del periodo “di mezzo” che aveva visto nascere la prima versione del Fidelio, l’ouverture scorre lungo un disegno formale semplice ma originale. Due episodi introduttivi, uno prevalentemente ritmico, l’altro più interrogativo proposto dai corni in tempo Adagio, fanno emergere un elementare dualismo espressivo, in termini complementari piuttosto che di contrasto, fra un segno più gioioso e incisivo e uno più disteso e lirico.
Ancora ai corni, ma tornando all’Allegro iniziale, tocca poi esporre il primo tema (direttamente ricavato dal motto ritmico dell’introduzione) della forma-sonata che costituisce la parte centrale dell’ouverture. Dopo lo sviluppo, sintetico e raffinato, la ripresa sfocia in una riproposta del duplice episodio introduttivo: dall’Adagio dei corni si scioglie una coda velocissima, portando il pezzo verso una conclusione scintillante e ottimistica.
Coriolan, ouverture in do minore op. 62 (Firenze e Volterra)
L’Ouverture Coriolano op. 62 fu inizialmente realizzata da Beethoven come commento musicale alla tragedia omonima di Joseph von Collin ma in verità l’opera non fu eseguita durante la prima rappresentazione del dramma ma solo in seguito e per vie proprie, guadagnandosi in breve uno spazio privilegiato nel repertorio orchestrale. L’ouverture risale al 1807, anno di composizione anche della Quinta Sinfonia con cui condivide la stessa corrusca tonalità di do minore. Pagina simbolo dello stile eroico di Beethoven, l’ouverture del Coriolano si distingue per l’intensa carica drammatica presente già a partire dall’inciso iniziale, un accordo in fortissimoche sfocia in un primo tema irrequieto e mosso a cui si contrappone un secondo, lirico e cantabile. La dialettica della fonte letteraria – che vede l’eroe morire suicida poiché combattuto tra rimorso e amor di patria – si fa dialettica musicale e dopo una serie di conflitti tematici che si inseguono per tutta la durata della pagina, la fine è segnata dal perentorio inciso iniziale che si spegne nel registro grave degli archi.
Elegischer Gesang op. 118 per coro e orchestra d’archi (Firenze e Volterra)
Uno spazio a parte spetta a l’Elegischer Gesang per coro e quartetto d’archi op. 118, un canto elegiaco composto da Beethoven nel 1814 per omaggiare la memoria della baronessa Eleonora Pasqualati nel terzo anniversario della morte. La tensione emotiva del testo trova qui forma nell’intonazione commovente del coro che si libra sull’accompagnamento raccolto del solo quartetto d’archi. Una scelta stilistica che conferisce a quest’opera un sapore cameristico di soffusa dolcezza.
Meeresstille und glückliche Fahrt op. 112, Cantata per coro e orchestra (Firenze e Volterra)
Beethoven aveva conosciuto Goethe, suo idolo letterario, nel 1813 a Teplitz. L’incontro non si trasformò in amicizia, ma nonostante la freddezza mostratagli in più occasioni, Beethoven continuò a nutrire per Goethe un’ammirazione sconfinata, dedicandogli tra l’altro, la Cantata per soli, coro e orchestra Meeresstille und glückliche Fahrt op. 112, composta nel 1815 e ispirata ai poemi Calma di mare e Viaggio felice. Il contenuto poetico ben si riflette nella scrittura musicale di Beethoven attenta a sottolinearne ogni elemento descrittivo: l’immobilità del mare in un giorno di bonaccia (con le note tenute degli archi), il levarsi del vento (con l’entrata irruente dei fiati) e finalmente la navigazione tra le onde fluttuanti a ritmo di barcarola.
Fantasia corale per pianoforte, coro e orchestra op. 80 (Firenze e Volterra)
Composta nel 1808 dopo la Sesta Sinfonia, la Fantasia corale per pianoforte, coro e orchestra op. 80 si caratterizza tra le opere beethoveniane per la sua natura singolare ed eterogenea. Una pagina particolare già dal sottotitolo, ‘Lusinga amichevole’, nell’organico, in cui l’orchestra entra in azione a poco a poco mentre il coro solo nella parte finale, così come particolare era l’idea di unire musica strumentale e musica corale, che per Beethoven assumeva il valore subliminale di una collaborazione capace di trasformare il mondo. Inoltre la Fantasia deve gran parte della sua notorietà al tema principale, che Beethoven aveva ripreso da un Lied composto anni prima, Gegenliebe, e che svilupperà in seguito nell’Inno alla gioia della Nona Sinfonia. Articolata nella forma del Tema con variazioni, la Fantasia corale si apre con l’assoluto protagonismo del pianoforte che dopo un’entrata in stile rapsodico espone quasi timidamente il tema principale. Questo è poi ripreso da alcuni strumenti d’orchestra: prima il flauto, poi l’oboe, il clarinetto, il quartetto d’archi e infine tutta l’orchestra coinvolta insieme al pianoforte in una serie di variazioni sempre più concertanti. Nell’ultima variazione Beethoven aggiunge il coro (con una soluzione che anticipa la struttura del Finale della Nona) che intona in un crescente tripudio sonoro i versi scritti per l’occasione dal poeta viennese Christoph Kuffner, ispirati al tema dell’amore unito alla forza. |
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